RITROVARCI A INVIDIARE GLI IRLANDESI

di MARIO SCHIANI – Chi non conosce e non apprezza l’Irlanda si perde parecchie belle cose e fatica a comprendere importanti relazioni culturali. Difficile, per esempio, capirci qualcosa di musica rock e pop se non si è almeno sfiorato l’ascolto della musica tradizionale irlandese, uno scrigno all’apparenza senza fondo che, viaggiando con gli emigranti, ha finito per contaminare (chi se ne intende usa questo verbo) i generi musicali di tutto il globo, non meno della musica africana. E la letteratura? E il teatro? Se si tolgono dall’equazione letteraria mondiale, tra gli altri, i nomi di Joyce, Beckett, Yeats, O’Casey, Behan, O’Brien e Heaney sarà ben difficile far tornare i conti.

Chi non conosce e non apprezza l’Irlanda non può inoltre vantare familiarità con la stupefacente gamma cromatica del verde: da quello squillante a quello cupo, da quello che arriva a solleticare, sulla punta dell’erba, il giallo del sole a quello che nei boschi sprofonda nel bluastro, quasi nel nero, per accendersi poi, a favore di un raggio capace di penetrare nel fitto, di bagliori argentei e dorati.

Chi non conosce e non apprezza l’Irlanda, infine, non conosce e non apprezza gli irlandesi, dei quali pregiudizi e luoghi comuni hanno finito per deformare i tratti del carattere, trasformandoli, nel film e nei telefilm americani, in poliziotti maneschi, scaricatori rissosi, zuzzurelloni dalla lingua sciolta, feroci rivoluzionari e, naturalmente, incorreggibili beoni.

Chi li conosce e frequenta finisce invece per trovare quasi sempre personaggi amanti della compagnia, inclini all’ironia e al riso (ma anche alla malinconia), sempre disposti a raccontare e ad ascoltare una storia divertente, vera o inventata che sia. Non a caso una delle poche parole che dall’idioma celtico ancora parlato nelle regioni più remote emerge all’uso comune è “craic”: sta a indicare divertimento in compagnia, chiacchiere, musica e, naturalmente, una pinta o due. O tre.

Vien da chiedersi, presumendo che si conosca e apprezzi l’Irlanda, come la Repubblica se la stia cavando nella sfida con il Covid-19. Ebbene, il virus non ha fatto sconti neppure lassù: in un Paese di appena 5 milioni di abitanti hanno perso la vita circa 1.900 persone e, in totale, i positivi sono 55mila. Le cose non vanno meglio in Irlanda del Nord, ovvero nelle sei contee rimaste di giurisdizione del Regno Unito: per 1,8 milioni di abitanti, si contano 32mila positivi e 639 morti.

Nei giorni scorsi, il governo della Repubblica ha deciso per la linea drastica, approvando una serie di misure restrittive di “livello 5”. In pratica, lockdown con eccezioni per servizi essenziali. Chi può lavorare da casa deve farlo e non sono ammesse riunioni familiari ma solo visite “compassionevoli” e per ragioni di assistenza. E’ incoraggiato l’uso della “bolla di supporto”: i genitori single hanno il permesso di rivolgersi ai vicini per un aiuto in caso debbano recarsi al lavoro. Bar e ristoranti possono provvedere solo al servizio a domicilio e i pub di Dublino, ebbene sì, devono chiudere del tutto.

L’isola, insomma, si protegge a riccio. Su un solo punto il governo ha deciso di non darla vinta al Covid e di concedere una significativa eccezione rispetto ai simili provvedimenti imposti già lo scorso marzo: le scuole rimangono aperte.

Sì: mentre in Italia si trova dietro ogni angolo un governatore disposto a chiudere aule e laboratori, in Irlanda hanno deciso che l’istruzione, al pari delle fabbriche, delle centrali elettriche e dei supermercati, non deve mollare. Nelle prossime settimane nel Nord dell’Europa vedremo dunque un curioso Paese popolato di soli studenti: nonostante la drammatica contingenza dell’epidemia, non proprio una brutta immagine. E mentre da noi si farà finta di imparare con le traballanti connessioni Dad, là si continuerà a imparare davvero, magari costruendo magari un’altra generazione di letterati, scrittori, poeti e drammaturghi. Saranno loro, a pandemia finita, a raccontarci come è andata, perché noi, che a lezione ormai andiamo solo dai Fontana e dai De Luca, non saremo istruiti abbastanza per saperlo.

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