RESTERA’ SEMPRE DI TITO STAGNO LA VERA NOTTE MAGICA

C’è chi fa le maratone tv per tornare a Mattarella e chi le fa per arrivare sulla Luna. Scusate, ma la differenza è tutta qua. Con il dovuto rispetto per la coppia Mentana-Sardoni, noi di una certa età continuiamo a preferire il duo Stagno-Ruggero, ormai riunito, con la scomparsa del primo a 92 anni, nell’aldilà o forse si confarebbe dire nello spazio profondo.

Una questione di nostalgia? Ma certo: che altro? Anche se è un’emozione quasi sempre malriposta, frutto di un’ingannevole e distorta proiezione del passato, la nostalgia ci ricorda, in questo caso almeno, una stagione, forse anche solo una notte, in cui l’umanità sembrò giocare finalmente all’attacco, meno ripiegata su se stessa del solito, meno catenacciara (senza offesa per il calcio all’italiana) e autolesionista. Oggi esultiamo se passa un accordo – che probabilmente verrà disatteso – sulle emissioni di anidride carbonica e ci rallegriamo se la curva dei contagi “rallenta” un poco: allora eravamo ancora capaci di abbandonarci al sogno dell’esplorazione. Nel XXI Secolo a frequentare lo spazio sono i cinesi e i miliardari: nel 1969 con Neil Armstrong e Buzz Aldrin ci illudemmo di esserci andati tutti. E a portarci lassù fu proprio lui: Tito Stagno.

Tito Stagno nel momento storico dell’allunaggio

 

Dice la sua biografia che, giornalista alla Rai negli anni Cinquanta, si era appassionato al lancio del satellite sovietico Sputnik. Da allora, come capita spessissimo nelle redazioni, la “roba dello spazio” gli era rimasta appiccicata. Aveva visto lontano, Stagno, perché nel luglio del 1969 si trovò a condurre una diretta epocale: quella dell’allunaggio di Apollo 11.

Alla notizia della sua morte, non c’è stato notiziario che non abbia rievocato il suo battibecco con Ruggero Orlando, collegato via satellite da New (pardon: “Nuova”) York. Orlando contestò a Stagno di aver dato con qualche secondo di anticipo la notizia del contatto del Lem con il suolo lunare. Un problema di ritardo del segnale satellitare che creò qualche imbarazzo anche se, a guardar bene, lo screzio rivelò in entrambi la tempra del giornalista di razza, che non sarebbe tale se non volesse dare per primo la notizia, sia pure sul filo di lana.

La gente rimasta sulla Terra – cioè tutti a parte i due astronauti – si scatenò da quel momento in una torrenziale produzione di editoriali, commenti, poesia a rima baciata, alternata e incrociata, canzoni e barzellette. Tutti però rispettosamente dietro e dopo Tito Stagno, che era stato “il” cronista indiscusso di quella indimenticabile avventura. I social, oggi, avrebbero rovinato ogni cosa con le loro trombette sgraziate, le battute che non fanno ridere, le polemiche un tanto al metro e il delirio del primo negazionista a toccare (anzi, a non toccare) il suolo lunare.

E’ stato fortunato, in fondo, Tito Stagno: una vita ricordata per l’emozione di una notte e di una notte soltanto, ma una notte pulita, che regalò all’umanità un po’ di fiducia in se stessa. Notti così non se ne trovano più: Fellini, nel suo ultimo film, trovò che anche la luna si fosse piegata a fare la pubblicità. Oggi andrebbe peggio: scoprirebbe che ha un profilo Facebook e scrive il suo nome con l’apostrofo.

 

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