Ci sono figure e figuri che nei talk contano più presenze di Buffon in campo, raccattano gettoni nel senso di compensi e scaricano le loro idee e ideologie, insultando chiunque la pensi diversamente da loro.
E allora torno alle discussioni da bar sul calcio d’angolo e segnalo come ormai il ruolo dei giornalisti sia marginale, in via di estinzione come la foca monaca e l’orso marsicano, spodestato dagli ex calciatori che si esibiscono persino in un repertorio che, quando esercitavano il mestiere, disprezzavano: le pagelle.
Ma a parte casi sporadici, tipo Eraldo Pecci e mi chiedo perché con quella intelligenza che si ritrova abbia scelto di fare il calciatore, a parte questo Botolo, come fu battezzato per il fisico ai tempi del Toro di Radice, il resto dell’orchestra è di una monotonia assoluta, impiegati del pensiero, allineati e prudenti nei giudizi, mai alla critica aperta nel confronto diretto con l’allenatore nel dopo partita, ma sussurri e mormorii con un lessico che spesso doppia il capo della grammatica senza fare ritorno.
E i giornalisti? Rarissimi, smarriti, a contorno, comparse pagate al minimo perché in televisione contano le facce e non le teste. Rassegnati ad assistere, ad ascoltare, ripensando alla frase più bella di Aldone Biscardi: “Parlate due o tre alla volta !”. Bei tempi.