Si legge nel vangelo di Matteo: chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare. A pronunciare queste parole feroci è un Gesù decisamente infervorato e implacabile.
Lasciamo a Putin immaginare come sarà valutata la sua contabilità personale, quando morirà, se di là davvero qualcuno chiederà conto. Bombe su un ospedale pediatrico, quanto vale questo suo gesto di guerra? Non sono mancate finora fantasiose crudeltà di vario genere, ma nelle vesti di Erode ancora non si era esibito.
Sorprendersi? Purtroppo Putin non sorprende più. Inutile aggiungere parole e condanne. Si condanna da solo, lo condanna la storia.
Se mai, altre parole, ancora parole, senza stancarsi mai, vanno dette a chi con Putin continua a simpatizzare, facendo acrobazie tra sofismi e distinguo, frugando a piene mani nel mondo delle chiacchiere, per arrivare comunque a una comprensione, a un riconoscimento, a un’assoluzione.
Per quanto possano berciare questi amichetti del duce russo, la realtà e la verità restano sempre le stesse, chiare e immutabili: lui ha invaso, lui ha assalito, lui ha aggredito. E l’Ucraina, simpatica o antipatica quanto vogliamo, è comunque invasa, assalita, aggredita. Non è una guerra tra due parti uguali (lo dicesse apertamente anche il Papa, una buona volta…): c’è un carnefice e c’è una vittima. Il resto si può anche discutere, ma su questo punto di partenza non esiste un margine di interpretazione personale.
Due anni dopo, siamo sempre allo stesso punto. Putin e i suoi devoti d’occidente, Putin crociato contro l’odiosa cultura capitalista, Putin cavaliere indomito che vuole liberare il mondo. Certo, come no: bombardando bambini oncologici. Ormai c’è spazio solo per parole evangeliche, meglio una macina al collo. Una per lui, una per ciascuno dei suoi fan.