QUELLE CHE VANNO AL FRONTE TAGLIANDO BORSETTE DA 5000 EURO

Io ricordo di averle lasciate in lacrime qualche settimana fa, queste blogger e influencer russe. Ricordo che grondavano disperazione perché veniva chiuso l’accesso a social e dintorni. Che tenerezza quegli occhioni sbavati dal pianto e del resto chi non ha provato una simile afflizione da bambino nel vedersi sottratto il balocco preferito, senza che potessimo comprenderne le ragioni?

Pietà per i fratelli e le sorelle ucraine neanche a parlarne ovviamente, non una parola, non un’immagine, nemmeno una vignetta al più, o al meno, niente.

Però il gioco si fa duro ora, ancora più duro, le lacrime lasciano spazio all’azione dimostrativa. Chanel impedisce la vendita ai russi all’estero dei propri prodotti, e loro cosa fanno? Estraggono l’artiglieria pesante, minacciosi forbicioni, e fanno a pezzi le loro borsette griffate. Cinquemila euro a botta, per loro più eclatante di un’atomica, il massimo che possono esprimere.

Il colpo è inaspettato e lascia attoniti, una rivoluzione copernicana dei valori, dimentichiamo il mondo come lo conoscevamo. Chi lo avrebbe mai detto, arrivare a disfarsi, e in modo così brutale poi, di uno dei loro status symbol per eccellenza, mostrando al mondo che c’è altro, oltre il presunto materialismo. O quasi.

Anna Kalashnikova è una delle più bellicose, inevitabilmente visto il cognome, ma anche altre non scherzano: “Non un singolo articolo o marchio vale il mio amore per la mia Patria e il rispetto di me stessa. Sono contro la russofobia e sono contro i marchi che sostengono la russofobia. Se possedere Chanel significa vendere la mia Patria, allora non ho bisogno di Chanel”.

E poi ancora, “mai visto un marchio così irrispettoso nei confronti dei propri clienti”, e allora scatta la sanzione al contrario, l’imprevedibile e sorprendente gesto per il quale serve uno stomaco di ferro, la raggelante sforbiciata a favore di camera. Per quanto riguarda noi dell’Occidente, che dovremmo restare annichiliti da questa misura estrema, al momento non riusciamo ad andare oltre un certo modo di accusare il colpo, con la più istintiva delle reazioni: ma chissenefrega.

Dimenticavo, anche questa volta non un cenno alla devastazione in corso, al massacro, al mattatoio aperto in Ucraina, ma loro, così libere e belle, soprattutto libere, mica lo sanno cosa succede laggiù, vuoi fargliene una colpa?

Persino da noi c’è chi lo sa cosa succede laggiù, ma continua a sostenere che è tutto un teatro e che è tutto relativo, dipende da chi si vuole ascoltare.

Deve essere proprio così, russo relativo.

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