QUELLA VOLTA CHE IL PORTIERE RESTO’ IN CAMPO, DISPERSO NELLA NEBBIA

Chiacchiere e distintivi, questo è il nostro calcio durante le famose festività natalizie. La “Gazzetta” scrive di mercato nel momento in cui molti club non hanno gli occhi per piangere, dunque certi titoli fanno scompisciare, però qualcosa si deve pur ammollare al popolo pubblico in assenza di pallone vero.

Cosa che non accade in Inghilterra, dove se Elisabetta è commossa per il primo Natale senza Filippo, il resto dei sudditi se la spassa con il boxing day che è un rito sacro, come il panettone o le lenticchie con il cotechino sulle nostre tavole. Si gioca, si scende in campo, non in tutte le città perché il Covid ha arrestato alcune partite in calendario, ma le altre armate di Guardiola o Conte hanno giocato.

Quando viene Natale torna sui fogli di sport la storia bella di quel venticinque dicembre del Trentasette, quando nello stadio Stamford Bridge di Londra si affrontarono il Chelsea e il Charlton Athletic. C’era nebbia sul Tamigi, di quelle spesse da Olivier Twist e che non sai se ti trovi a Piccadilly Circus o a Treviglio, però le squadre correvano in quel tulle umido, Sam Bartram, tra i pali del Charlton, non aveva molto da fare, i suoi sodali spingevano forte e i londinesi del Chelsea soffrivano per difendere il proprio portiere Vic Woodley. A un certo punto l’arbitro, non riuscendo a individuare più nessuno se non ombre grigie, decise di fermare il gioco, il nebbione era fittissimo, Bartram pensò alle gallerie di miniera dove da giovane aveva lavorato per portare qualche pound a casa, suppergiù l’atmosfera era analoga. Dopo cinque minuti di sospensione, si tornò in mischia. Mission impossible, non si vedevano né le linee laterali, figuratevi quelle di fondo campo, il vociare del pubblico, si fa per dire, era lontanissimo, forse disperso nel bosco, l’arbitro, al minuto sessantuno, soffiò nel fischietto e pose fine all’incontro, tutti, o quasi, di corsa nello stanzone, detto spogliatoio. O quasi significa che Sam Bartram non venne informato, rimase in porta, orgoglioso del fatto che la sua squadra fosse tutta in area avversaria a molestare il keeper Woodley. Passarono i minuti, per scaldarsi Sam prese ad agitare le braccia, saltellando davanti alla propria porta, quando gli si parò davanti, non un attaccante del Chelsea, ma un signore in divisa e con il casco classico, il custodian helmet: “Ma lei che diavolo ci fa ancora qui?” domandò il poliziotto. Sam replicò che il regolamento gli imponeva di non abbandonare la porta, il bobby imperturbabile lo svegliò dal sogno :“Guardi che gli altri sono tutti via, per la nebbia non si gioca da venti minuti, sospesa, finita”. Bartram si tolse i guanti e corse verso lo stanzone, lo aspettava il resto delle brigata, già vestita e addobbata per il cenone, le ghignate ruppero il silenzio e il freddo della nebbia.

Bartram ha raccontato tutto nella sua autobiografia. Davanti al The Valley, lo stadio del Charlton, c’è una statua altra tre metri a lui dedicata. Nel centro della città un bar e un ristorante portano il suo nome. Nemmeno la nebbia riesce a nasconderli. Da noi si parla molto del contratto di Dybala.

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