QUEL SILENZIO COLPEVOLE SULLE TOMBE PROFANATE DEI REPUBBLICHINI

La notizia è che non c’è una notizia. Eppure, ce ne sarebbe da scrivere: analizzare, commentare, moraleggiare, sentenziare. Invece, nulla: zero al quoto. Sulla stampa nazionale, sempre attentissima a questo genere di malefatte, quando siano di colore diverso, non è apparso nessun elzeviro indignato: nemmeno un plissé. Dico di colore diverso, perché in questo povero Paese, il cui bagaglio etico è ormai all’ammazzacaffè, la verità viene ancora dipinta coi colori della politica. Anzi, dell’odio politico, che è una patologia della politica.

Mi spiego: qualche giorno fa, all’interno del cimitero monumentale di Bergamo, qualcuno ha gravemente danneggiato le lapidi di dodici morti della RSI. Lo sconosciuto delinquente ha infierito contro le fotografie di questi dodici defunti con un oggetto appuntito: forse una gravina, forse un martello da geologo o una piccozza. Fatto sta che ha rotto la porcellana delle fotografie e il marmo delle lapidi.

I latini, che erano un filo più etici di noi, raccomandavano di perdonare ai morti ogni loro colpa, vera o presunta: parce sepulto, dicevano. Questa pietà, attraverso una lunga teoria di anni, è arrivata fino a noi. O, meglio, è arrivata fino a quelli di noi che non hanno fermato la storia della civiltà all’otto settembre 1943: data dopo la quale pietà l’è morta.

Viceversa, per nostra vergogna, qualcuno tra noi ha mantenuto vivo e pulsante un odio feroce, una disumanità quasi genetica, che viene riaccesa ad ogni occasione: che serve a protrarre all’infinito una guerra senza quartiere, il cui unico scopo pare essere quello di giustificare l’esistenza di certe cosche politiche. Mi piacerebbe poter dire: la guerra è finita, pensiamo al futuro. Ma non è possibile, non si riesce: ancora oggi, un povero morto può diventare oggetto di profanazione e di una bestialità che va oltre la morte, oltre i termini della convivenza civile.

E quel che è peggio è che questo sentimento manicheo, questa visione unilaterale del mondo e degli uomini, non è condivisa solo da qualche ributtante teppistello, abbeverato alla fonte della più crassa ignoranza, ma viene accolta, sia pure in maniera meno plateale, anche da gente di cultura, da giornalisti, da scrittori, da storici. Da cui, oggi, su questo infame episodio di inciviltà non è venuta una sola parola di riprovazione: meglio, non è venuta una sola parola tout court. Eppure, si tratta di persone che si sono spese con decine di articoli, di interventi pubblici, di conferenze, per ogni scritta su di un muro, per qualunque segnale, sia pure impercettibile, di revanscismo fascista. Il che, intendiamoci, mi va benissimo, a patto che lo sdegno non sia la manifestazione di una fede a senso unico, ma esprima un sentimento laico di difesa dell’umanità purchessia. Perché, in caso contrario, dovrei ritenere che il nostro Paese sia ancora vittima di una guerra civile e che, pertanto, il silenzio dei bonzi dell’antifascismo su di un episodio del genere, in qualche modo, accrediti anche le esternazioni fasciste, giacchè le guerre si combattono in due.

Invece, una è l’umanità: una sola è la pietà, uno il cordoglio. Tra quei dodici caduti, buoni o cattivi che siano stati, buontemponi o taciturni, fanatici o tiepidi, ci sono il padre e lo zio di un mio caro amico, anch’egli, purtroppo, defunto a causa del Covid: una delle persone migliori che abbia mai conosciuto. Rimasto orfano, in quel modo atroce, da piccolo, ha passato la sua vita a fare del bene al prossimo, rispondendo all’odio con l’amore. Ecco, questa è la risposta: questa la sola guerra che riesco a immaginare. Quanto al silenzio stampa, anche il silenzio può essere un modo di odiare.

Un pensiero su “QUEL SILENZIO COLPEVOLE SULLE TOMBE PROFANATE DEI REPUBBLICHINI

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Stim.mo Marco Cimmino,
    questo è davvero un bell’ Altropensiero. Parole nette, inequivoche. Vere, soprattutto, e sempre attuali.
    Grazie a Dio , non ho vissuto gli anni del fascismo , del suo Duce, e della guerra sconsiderata (ognuno è libero di far uso dell’attributo che ritiene più adeguato) nella quale ritenne di schierare il Paese.
    Sbaglierò, e non avrò capito bene, ma l’entrata in guerra fu acclamata da una gran parte d’Italia.
    Le piazze osannanti erano ricolme di Italiani, non di extraterrestri.
    Tutti fascisti, finché andò bene, o fece comodo.
    Storia vecchia , si sale sul carro del vincitore quando “vinciamo”, salvo scapicollarsene fuori quando quello lì “perde”.
    Qualcuno, in anni comunque tristi e funesti , scelse di schierarsi , di continuare ad essere fascista. Per coerenza, fedeltà ad un ideale, onore , forse dignità. Parole che contavano .
    La Storia di quel tempo è stata scritta , riscritta, riveduta e corretta. Sempre Storia rimane. Storia “nostra” , dell’Italia di cui , bene o male, mi pare che si faccia tutti parte.
    Il vilipendio dei defunti, di chi è morto , comunque e senza che debba rilevarne il perché, è una criminale vergogna . Un’altra di quelle parole che si usava dire per stigmatizzare una condotta , che contavano. Ora non più . Se sbaglio, sarò pronto a chiedere scusa . Ed a vergognarmi di aver pensato che chi ha profanato delle tombe , “quelle” tombe di cui nessuno ha parlato , non sia un uomo (o donna, eh !) ma un infame bastardo, od un miserabile idiota.
    Fiorenzo Alessi

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