QUEL PUGNO DEL PROF ALL’INTERA SCUOLA ITALIANA

Quante volte mi sono interrogato sulla scuola e ho concluso le mie riflessioni con il più salomonico: come andremo a finire? Mi pare che la risposta l’abbia fornita, ad abundantiam, quanto è successo in una scuola di Pontedera, dove un insegnante ha preso a pugni un ragazzetto che lo stava prendendo in giro.

Certo, l’episodio meriterebbe un’analisi un filo più accurata: andrebbero esaminate e soppesate, col bilancino della correttezza, tanto politica quanto procedurale, tutte le tessere del mosaico. Quanto il professore aveva sopportato, prima di farsi giustizia da sé. Il suo grado di tolleranza agli sberleffi in condizioni, diciamo così, normali. Quanto il giovanoide era stato insistente nella derisione. Quanto la classe abbia contribuito, con quella sicumera tipica dei vigliacchetti e così via. Ma non ho voglia di fare il processo all’episodio e nemmeno mi sento di parteggiare per l’uno o per l’altro.

La scuola è sfasciata e questa è solo la metafora terminale che conferma il mio enunciato. La scuola è sfasciata perché non c’è più alcun rispetto per gli insegnanti: demotivati, scarsamente acculturati, impoveriti, raffazzonati, sono visti dai ragazzi come dei poveri cani da guardia, senza denti e senza mordente, buoni per qualunque beffa, supini di fronte a qualsivoglia vessazione.

Li avete voluti così, kompagni, e adesso godeteveli. La scuola è sfasciata perché gli studenti non studiano, si annoiano, si azzerano facendo giochini sullo smartphone, sapendo che, per essere respinti, si deve bruciare la palestra; e forse nemmeno allora. E’ sfasciata perché i dirigenti, anziché intervenire subito per mettere alla porta i ragazzi che fanno casino, li coccolano, li proteggono e, alla fine, quando vien fuori il disastrino, si scoprono Torquemada, dalle pecore che erano, e cacciano il reprobo che ha reagito, come nel caso di Pontedera. E il reprobo, sappiatelo, è un povero Cristo, incapace di farsi rispettare e condotto al pugilato da un’autostima che sfiora lo zero Kelvin. La scuola è sfasciata da capo a piedi: dalla penthouse alle cantine. Perché è l’idea stessa della scuola che è sfasciata: è pensata, in un certo senso, per finire male.

Dopodichè, se un professore prende a pugni un ragazzotto che lo bullizzava, la cosa fa scalpore: e, in fondo, sarebbe giusto che creasse sconcerto, se non ci fosse un silenzio imbarazzante su tutto il contesto. Se non facesse alcuno scalpore un sistema educativo che produce soltanto incapaci ed imbelli. Oppure bulli, a piacere. Una foresta che cresce e un albero che cade, se ho reso l’idea. E la stampa, vil razza dannata, ci si butta a pesce: ci inzuppa il pane nello scoop del secolo, del professore che dà un pugno in pancia all’alunno, con tanto di ripresa video. E partono i commenti: chi pro, chi contro e chi così e così. Ma dove sono ogni giorno, questi Pulitzer de noantri, mentre, un pezzetto alla volta, una notiziola alla volta, la scuola italiana casca a brandelli? Scrivono i loro elzeviretti incarogniti sul carovita? Raccontano dei passatempi giulivi delle massaie sexy della Lunigiana? Dove sono, quando c’è bisogno di loro?

Di qualcuno che punti il dito sulla catastrofe educativa e che dia, finalmente, la sveglia ai politicanti: che li scuota dall’abbiocco permanente in cui paiono giacere, peraltro molto compiaciuti. Un professore ha dato un pugno a uno studente, i genitori lo hanno denunciato, lui verrà sospeso: benissimo! Ma io accuso. Accuso chi avrebbe dovuto intervenire e non lo ha fatto. Accuso l’ignavia colpevole delle istituzioni. Accuso il voltarsi dall’altra parte dei politici, la loro connivenza: sono complici del ragazzino maleducato e hanno armato loro la vendetta del docente.

So bene che non servirà il mio “J’accuse!”: che le cose continueranno a peggiorare, tra cialtroneria e buonismo, facilismo e stupidità. Però, almeno, lo proclamo: ci saranno altri episodi come questo. Magari, anche più gravi di questo. E, per cinque minuti, giornalisti, politici, vertici scolastici e opinione pubblica si leveranno, alzando lamenti al cielo. Salvo riaddormentarsi, subito dopo. Perchè una scuola che produca persone migliori, capaci di usare la propria testa, a questa dittatura di mediocri fa solo paura.

Non è così che si risolvono i problemi della scuola, che sono troppi e debordanti. E quel pugno nello stomaco è un po’ come se l’avessimo preso tutti noi. E tutti i nostri figli, maledizione.

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