QUEL GRAN GENIO DI BRIATORE CHE SPUTA SU 4000 EURO AL MESE

Sarà che sono qui, in Slovenia, dove si dà alle cose un peso diverso. Sarà che mia madre mi ha cresciuto sostanzialmente incapace d’invidia sociale o economica. Sarà, infine, che studiando Platone o Leopardi si ha la tendenza a disprezzare la frase: “Io mi sono fatto da me!”.

Sarà tutto quel che volete, ma, a me, Briatore, coi suoi soldi, le sue belle donne, i suoi yacht, ha sempre dato l’impressione di essere ciò che, volgarmente, si definisce un povero cristo. Magari, è un conversatore formidabile, pieno di verve e di sottile umorismo, oppure è un autentico filantropo e io ne ho una percezione fuorviata dai mezzi di comunicazione: sta di fatto che, ogni volta che m’imbatto in una sua esternazione, sono combattuto fra la pena e il disgusto. Mi verrebbe da dire che Briatore, ai miei occhi, rappresenti il peggio che questo Paese sappia esprimere in termini di volgarità d’animo: una specie di Berlusconi, però antipatico e con la panza. Già uno che dice il problema è che io sono un genio e voi no…

Quando, ad esempio, disse quella scemenza sulla Sicilia, che dovrebbe puntare su gastronomia e turismo e dimenticarsi la propria cultura, ho pensato… no, non posso scrivervi quello che ho pensato, ma sono sicuro che ne abbiate un’idea piuttosto precisa.

Ecco, adesso torna alla carica, questo fenomeno di empatia ed acume, donandoci il suo augusto parere sul problema delle retribuzioni in Italia. Per cominciare, ci fa sapere di non avere la più pallida idea dell’entità degli stipendi medi. Quattromila euro? Sono troppo pochi per fare arrivare una famiglia a fine mese, sentenzia il nostro economista: bisogna aumentare gli stipendi!

Comunico al medesimo che lo stipendio di un insegnante, che ha studiato mentre lui faceva il garzone di qualcosa, si aggira sui duemila euro, dopo decenni di carriera, e che un giovane che si voglia sposare spesso può contare su di un guiderdone, nemmeno sicuro tutti i mesi e inferiore ai millecinquecento euro: quattromila euro sono la retribuzione di uno che se la passa benone. Naturalmente, secondo i parametri comuni: non secondo quelli del nostro Creso del nordovest.

Ma mi piacerebbe che, come in certi raccontini edificanti in stile Guareschi, si verificasse un piccolo miracolo: che questo tronfio vippone, per un mese, si trovasse a vivere la vita di quelli come me, per cui quattromila euro, definiti con un certo disprezzo “una miseria”, sarebbero la soluzione definitiva ad ogni problema economico. Niente conti bancari a sette zeri, niente ossequiosi leccapiedi, niente bellezze adoranti: niente di niente.

Immaginatevi il primo colloquio di lavoro di un figlio che si chiami Nathan Falco e che non faccia il supereroe Marvel: in certe ditte, uno con un nome così non lo farebbero nemmeno entrare. Tornato a casa, dopo l’ennesimo fallimento, si beccherebbe un rimbrotto colossale dal genitore Flavio: ma lo sai che c’è gente che, alla tua età, porta a casa più di mille euro? E adesso la chiudo qui, perché, tra mezz’ora, inizio il turno da Amazon: ma, domani, ne riparliamo! E Flavio esce, col suo vestito così e così, il suo orologio così e così, con la sua auto così e così: anzi, senza l’auto, perché è Euro4 e non può circolare. Se ne va a lavorare, otto ore: a lavorare, mica a comandare, a prendere decisioni strategiche, a dirigere cda. E, dopo otto ore toste, se ne torna a casa, dove un cesso di moglie gli ha preparato la bagna cauda. Ogni giorno così: non per tutta la vita, solo per un mesetto, ma senza memoria della sua vera esistenza, ignorando di essere un super ricco vittima di un piccolo incantesimo.

Ecco, scribacchini, intervistatelo alla fine di quel mesetto, il nostro sapientone, e vediamo un po’ cosa pensa degli stipendi italiani. Solo che l’opinione di uno come Flavio Briatore, senza di mezzo le palanche, non importerebbe proprio a nessuno: perché è uno che, quando scende dalle sue Penthouse, per esprimere pareri sul mondo normale, dimostra di non saperne nulla, di non capirne nulla, di avere lo stesso grado di empatia di un blocco di travertino. Invece, ha un sacco di soldi e lo si ascolta come un oracolo, anche se estrude sciocchezze sesquipedali. Perché in Italia funziona così. In Italia, quelli come Briatore hanno seguaci e imitatori: nessuno che si ricordi che, alla fine, una buca di due metri ci accoglierà comunque. Che sia scavata nella terra o scolpita nel più prezioso degli smeraldi. E che l’unica cosa che resterà di noi, dopo la nostra morte, dipende da quanto abbiamo dato all’umanità. Che solo amore e luce ha per confine.

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