QUEL FLAGELLO MONDIALE CHIAMATO SUICIDIO

Il 10 settembre l’O.M.S. celebra la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Si tratta di un fenomeno complesso, che provoca circa 700.000 vittime all’anno nel mondo. In Italia, secondo l’indagine Istat sulle cause di morte, si sono suicidate nel biennio 2020-2021 7.422 persone (3.645 nel 2020 e 3.777 nel 2021). Il fenomeno è in aumento anche se nel nostro paese siamo ben al di sotto delle media europea, con 5,9 decessi ogni 100.000 persone contro il 10,2 della media continentale.

Per gli uomini si registra un incremento notevole del tasso a partire dai 70 anni, soglia anagrafica poco successiva all’età al pensionamento. L’uscita dal mondo del lavoro è uno dei fattori critici, in quanto comporta una riduzione dei ruoli sociali e un conseguente restringimento della vita relazionale. Questo dato conferma che il nostro “non è un paese per vecchi”, dato ancor più allarmante se si considera il progressivo innalzamento dell’età media della popolazione. Nelle donne, invece, si osserva un lieve incremento di vittime tra le fasce di età giovanili.

L’O.M.S. suggerisce di “cambiare la narrazione sul suicidio” ed enfatizza l’importanza di sensibilizzare la popolazione sulla riduzione dello stigma, incoraggiando conversazioni aperte per prevenire il suicidio. In pratica, occorre passare da una cultura del silenzio ad una di apertura, comprensione e supporto e, secondo gli esperti, ogni conversazione, sia pur piccola, contribuisce a ridurre l’isolamento e produce solidarietà e comprensione.

Senza addentrarsi in profonde analisi sociologiche, va riconosciuto che mai come oggi l’uomo ha vissuto in una realtà collettiva così complessa, ricevendo quotidianamente una mole di informazioni tanto elevata da confondere, con un progresso tecnologico ragguardevole ma che può indurre un permanente affaticamento e un’etica individualistica contenente aspetti positivi, ma provocando anche incertezza sui valori di fondo.

Non deve perciò sorprenderci che una fetta di individui resti indietro, per ridotte risorse personali, familiari, culturali, psicologiche, economiche, etiche. Questo comporta l’aumento del disagio psichico, con un malessere di fondo senza una apparente chiara origine, dell’aggressività verso gli altri (vedi il recente drammatico caso della povera Sharon), della diffusa conflittualità generale e di un senso di inadeguatezza personale che può portare alla disperazione.

Trovare dei correttivi è estremamente difficile, ma senz’altro serve un nuovo “umanesimo”.

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