L’INSOSTENIBILE ATROCITA’ DELL’IRAN SUI GIOVANI

“Secondo la Sharia, per coloro che lottano contro Dio e il Profeta e opprimono le altre persone sulla terra non c’è altra punizione oltre che l’impiccagione, il taglio di mani e piedi oppure l’esilio”. La dichiarazione viene da Massoud Setayeshi, portavoce della magistratura iraniana. Un illuminato. Se non altro, infatti, si è preso la briga di spiegare a noi infedeli che quanto accade nel suo Paese – la brutale repressione delle proteste antigovernative in corso a Teheran – accade nel nome di Dio. E dunque è giusto e santo.

A pensarci meglio, più che illuminato il signor Setayeshi è illuminante. Vacillavamo, noi occidentali, nel percorrere le nostre strade e nel constatarne lo stato di degrado: ignoranza, superficialità, materialismo, valori in vendita al miglior offerente, ipocrisia, avidità, doppiopesismo, noia, paranoia, corruzione, prepotenza e, soprattutto, vuoto narcisismo, ansia di apparire, di mettere in mostra il nostro nulla trattato con i filtri di Instagram e iPhone. Ci eravamo perduti – il soggetto è sempre il “noi occidentali” di cui sopra – nella nebbia della ragione, nella subsidenza del cuore e nella prevalenza – nello strapotere, anzi – del cretino. E nell’esserci perduti, o meglio nell’aver smarrito la diritta via, credevamo di essere prossimi a una sorta di capolinea della civiltà, di fine corsa del pensiero, della cultura e, in ultima analisi, della speranza di un’azione trasformatrice dell’uomo sul mondo e su se stesso.

Può darsi che sia così e che l’uomo occidentale abbia oggi poco da dire e molto di cui vergognarsi. E’ ben possibile che nel serbatoio della sua cultura siano rimasti solo i fumi del carburante che lo hanno spinto fin qui. Alcuni pensatori sostengono che, in effetti, questo era il nostro destino, segnato fin dall’inizio, fin dal giorno in cui in qualche angolo dell’antica Grecia un gruppo di sfaccendati si è messo a filosofeggiare, a speculare, a riflettere sul senso del nostro stare al mondo. Il tramonto, dunque, sarebbe la cifra stessa dell’Occidente: c’è poco da stupirsi se, di questi tempi, vien buio sempre più presto.

Eppure, davanti alle dichiarazioni del portavoce della magistratura iraniana, a questa povera, decadente cultura occidentale, a questo pensiero razionale e irrazionale insieme, fatto di vuoto e di pieno, di fede e di nichilismo, di razzismo e di solidarietà, di fratellanza e di alienazione, è dato infine di provare un sussulto d’orgoglio. Noi saremo pure alla frutta, ma rispetto a chi sostiene l’impiccagione, inflitta a giovani e giovanissimi, mentre i genitori implorano disperati una grazia, questa crudele impiccagione come unica possibile punizione per l’offesa a Dio e al Profeta, restiamo pur sempre un avamposto di civiltà, intelligenza, umanità e, sì, perfino di amor di Dio.

La nostra colpa grave, semmai, è di non riconoscere abbastanza non la “superiorità” – categoria largamente senza senso – del nostro pensiero, ma la sua diversità: se questo scartamento non viene sottolineato, allora continueremo a leggere con imperdonabile apatia le notizie che arrivano dall’Iran. L’ultima? Una ragazzina di 14 anni violentata e uccisa perché in segno di protesta si era tolta il velo in classe. E poi i racconti dei dissidenti in carcere: “Costretti a violentarci tra noi mentre le guardie ci filmavano”.

Nonostante tutto, da noi c’è chi sostiene che dovremmo starcene zitti perché nel nostro passato (e talvolta nel nostro presente) c’è qualche peccatuccio.

Uno di questi è Gianni Infantino, il presidente della Fifa, l’organizzazione che ha portato i Mondiali di calcio nel medioevo della Penisola arabica: “L’Europa – ha detto – non può dare lezioni morali al Qatar, visto quello che gli europei hanno fatto nel mondo per tremila anni”.

Insomma, dovremmo starcene muti davanti allo scempio dei diritti umani perché un tempo le legioni di Cesare marciavano su e giù per il mondo senza fare troppi complimenti, oppure perché molto più recentemente le truppe del generale Graziani ne combinavano di tutti i colori in Africa. E invece è proprio perché abbiamo evidenza e coscienza di quei fatti che oggi possiamo permetterci di parlare: non per impartire “lezioni morali” a chicchessia, ma per affermare con sicurezza e cognizione di causa che impiccare la gente in nome di Dio è ignobile e osceno. Lo è sempre stato e sempre lo sarà.

Un pensiero su “L’INSOSTENIBILE ATROCITA’ DELL’IRAN SUI GIOVANI

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Io credo che possa fare molto il dialogo tra religioni. Il progresso della civiltà passa per la cultura “primaria”, quella legata alle necessità antropologiche più profonde. Dove constatiamo, purtroppo, che la politica internazionale e tutti i buoni propositi umanistici falliscono inesorabilmente anche e soprattutto perché veicolano lo spettro diseguale del costume, il richiamo alle somiglianze valoriali di dottrine anche molto lontane tra loro può creare un terreno più fertile per il cambiamento. Somiglianze che non devono negare le differenze, perché proprio dove divaricano le civiltà occorre affermare a viso aperto che non esiste il buono contro il cattivo, esistono solo possibilità di comprendere le radici. Un percorso lungo e difficile che va favorito a tutti i costi. Detto questo la pena di morte è terribile ovunque e questa foto lascia un malessere ed un dispiacere incolmabili.

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