QUEI CALCIATORI ARRESTATI IN IRAN PER LA FESTA DI CAPODANNO (PENSANDO AI NOSTRI)

Niente di nuovo in Iran. Casomai un altro passo indietro, giusto all’inizio di un nuovo anno che non prevede sconti né riflessioni sull’intolleranza. La notizia battuta dall’agenzia di stampa locale Tasnim spazza via utopie occidentali su un possibile processo di democratizzazione di quel Paese: un gruppo di calciatori rimasti anonimi, al momento, nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio è stato arrestato a Damavand, pochi chilometri da Teheran. Il reato contestato: ballavano con alcune donne e bevevano alcolici. Facevano tutto ciò che stava accadendo nel resto del mondo, da almeno mezza giornata visto il gioco dei fusi orari. La soffiata alla Polizia è arrivata da alcuni vicini forse infastiditi dal baccano, il che rende la questione ancor più inquietante perché estende la cultura retrograda alla gente comune, non solo al Governo medioevale che la guida.

E’ dalla rivoluzione islamica del 1979 che in Iran alle donne è vietato ballare, sono vietate le feste miste (possono organizzarsele tra di loro solo gli uomini) e gli alcolici, trasgressioni considerate gravi “anormalità”, se non “corruzione sociale”.

Ora poi rastrellamenti e punizioni si sono ulteriormente inaspriti, dopo la morte di Mahsa Amini, picchiata e uccisa perché indossava male il velo (hijab), e la protesta della Nazionale di calcio ai Mondiali in Qatar, quando gli undici schierati in partenza nella partita contro l’Inghilterra non avevano cantato l’inno. Per questo i calciatori erano stati avvertiti che non sarebbe stato accettato alcun altro segnale di dissenso né comportamenti “anormali”, appunto.

Mentre imperversavano i trenini ad ogni latitudine, si brindava in ogni casa dove è possibile avere una bottiglia, una sola, e dove una festicciola a Capodanno provano a organizzarsela anche le famiglie e i popoli in ginocchio per miserie umane di vario tipo, in uno dei regni assodati del capitalismo orientale vigono leggi e violenze legate a un regime che si dichiara democratico.

Questo lo sappiamo, lo sapevamo anche prima. Come siamo tutti perfettamente a conoscenza che da quelle parti emiri, sceicchi e sultani, nelle loro lussureggianti residenze, festeggiano sempre, come e con chi vogliono, in barba alla loro ferrea cultura politica e religiosa.

L’Iran è la diciottesima economia mondiale e la seconda nell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa). Il Paese possiede il 18% delle riserve mondiali di gas naturale e l’11,3% di quelle petrolifere. Numeri per i quali è lecito festeggiare ogni giorno qualcosa, nuotando nei soldi accumulati senza nemmeno sforzarsi più di tanto. Lecito per tutti, tranne che per il popolo. Una parte del quale, come abbiamo visto nel caso di Damavand, allineato e consenziente.

Viene in mente d’acchito che, se le leggi iraniane valessero in Europa o anche solo in Italia, la notte di Capodanno sparirebbero trequarti della serie A, della Liga spagnola, della Bundesliga tedesca, della Ligue 1 francese, con eccezione della Premier inglese, perché lì giocano anche il primo dell’anno e quindi la notte del 31 dopo uno zampone, due lenticchie e un cin cin, a mezzanotte e tre sono già a nanna. Quella regola ci fu durante il lockdown, genericamente vietava assembramenti e spostamenti dopo un certo orario nell’interesse della comunità. A trasgredirla guarda caso furono proprio alcuni calciatori in Italia e in ordine sparso qualche Djokovic novax, ma insomma stiamo parlando d’altro. Molto altro. Lontananze siderali.

E’ dura, molto dura cambiare le cose in un Paese tiranno, quando sono gli stessi vicini di casa a tradirti, a denunciarti, per un raduno che dovrebbe essere un momento di gioia, allegria, aggregazione e diventa invece causa di condanne e casomai morti legali, viste le usanze.

Siamo lontani, lontanissimi dalla pace e dalla democrazia. A noi fortunati, tra un trenino e l’altro, tra un brindisi e una danza, non resta che continuare a scriverne e a parlarne.

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