QUEI 19,1 MILIONI AL CAPO STELLANTIS: MA CHI E’, UN SEMIDIO?

Il maxi compenso di 19.1 milioni di euro del portoghese Carlos Tavares, a capo di Stellantis, il quarto gruppo automobilistico al mondo, nato dall’unione dell’italiana FCA (ex gruppo Fiat con Chrysler) e della francese PSA (Peugeot, Citroen e Opel, i marchi più famosi), scopre il vaso di pandora degli emolumenti monstre.

E’ una discussione ciclica che si ravviva quando escono i bilanci delle società quotate in borsa. Diciamo subito che il 90% della somma è variabile, cioè legata esclusivamente ai risultati ottenuti: significa che l’anno è stato evidentemente straordinario e che potrebbe non ripetersi. Questa è la modalità più coerente per accedere a livelli così alti di remunerazione, più ottieni più guadagni e viceversa. Il presidente John Elkann difende senza mezzi termini la questione, anche se noi comuni mortali ci chiediamo dove siano questi numeri così eccezionali: tranquilli, siamo in buona compagnia con il 53% degli azionisti, che difatti si sono rivoltati contro gli stipendi XXL del board.

Questa volta, però, ci sono degli elementi nuovi che vale la pena di analizzare, a bocce ferme.

Innanzitutto parliamo di un europeo e non di un americano. Siamo abituati, infatti, anche se con un certo stupore ormai assuefatto, a super stipendi oltreoceano nelle grandi corporation, che hanno fatto la storia delle sproporzioni esagerate dei loro top manager. Nel capitalismo aziendale USA, di spinta sui risultati a tutti i costi, chi siede nella stanza dei bottoni è diventato ricco e famoso, ma non di rado è caduto nella polvere e si è bruciato per sempre. Una mentalità usa e getta utilizzata a tutto campo, se sei bravo diventi un idolo, se fallisci sei bollato e ti sbattono fuori. E’ come quando compri su internet: se non ti piace il prodotto, lo rendi e ne prendi un altro. Il sistema a stelle a strisce è coerente e si autoalimenta a meraviglia.

Nel Vecchio Continente, no. La nostra cultura del lavoro ha più rispetto, è più analitica e riflessiva, sa anche aspettare. La parola fiducia può esulare dai soli risultati e, in generale, c’è più equilibrio. Anche sul fronte dei compensi, prima di Tavares, non si erano mai raggiunti livelli così alti.

Una deriva pericolosa che può introdurre distorsioni senza ritorno, la globalizzazione non aiuta di certo in questo senso. La sollevazioni di Macron e di Le Pen sapevano di populismo in salsa elettorale, però è lo specchio di una certa Europa che non ci sta.

In seconda battuta, dobbiamo considerare il periodo drammatico del Covid che ha affossato tanti mercati, in primis quello dell’automobile. Con conseguenze occupazionali pesanti. Una crisi nera in cui tutti hanno dovuto tirare la cinghia. Ci sono state tante aziende di altri settori che hanno congelato aumenti a quadri e dirigenti per contenere quanto più possibile i costi. Qualche volonteroso si è addirittura ridotto il compenso.

In un contesto così critico, incassare 19.1 milioni senza colpo ferire fa effetto, ricordiamoci i recenti annunci Stellantis sugli esuberi nella sola Francia di 2.600 operai e 714 in Italia. Un gesto da parte del portoghese sarebbe stato certamente molto apprezzato. Invece si è nascosto dietro alle scontate parole del suo presidente italiano (che incassa i suoi 7.8 milioni di euro), che conosciamo bene per la sua condotta impeccabile da erede designato e custode ideale di un certo establishment che fa fatica a gestire il nuovo che avanza.

Quello che non funziona più e già oggi costituisce un problema è ignorare in modo deliberato il contesto in cui sei, non ascoltare non solo i tuoi azionisti, ma soprattutto l’intera filiera intorno a te, la stessa che ti permette di prosperare, facendo finta che 19.1 milioni passino completamente inosservati. Questo tempo sta finendo, è ora di ridisegnare a fondo e in modo più etico la gestione delle organizzazioni.

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