QUANDO IL GREENPASS E’ IDIOTA

Forse è proprio vero che, se Giove vuole perdere qualcuno, prima lo fa ammattire. Perché ho l’impressione che, nella gestione, ormai desolante, della pandemia e dei suoi addentellati, in Italia si sia sviluppata un’altra forma pandemica, magari meno evidente, ma parimenti disastrosa: la demenza sanitaria.

Sorvolo sulla durevole epifania di virologi, infettivologi e allarmologi che ha presidiato in pianta stabile i canali televisivi, mantenendosi un corposo guiderdone a colpi di sparacchiate: mi limiterei a sottolineare le, diciamo così, incongruenze di sistema: quelle regolette minime che dovrebbero tutelarci ed arginare la diffusione del virus.

La prima che mi venga in mente riguarda gli orari: qualche tempo fa, la gente, sconcertata, scopriva di potersi infettare soltanto dopo una cert’ora, in un misto di prudenza sanitaria e mortificazione della carne, in chiave medievale. Poi, sono venute le mascherine: sì, no, forse, chirurgiche, FFP2, quando corri, quando stai fermo.

Oggi, le manifestazioni patenti di indecisione, quando non di stupidità vera e propria, si svelano in forme più sottili: si celano dietro cortine di apparente buon senso, che, però, se solo analizzate un pochino, rivelano un vero e proprio delirio. Prendiamo l’esempio dei treni: molto correttamente, il personale è tenuto a verificare la negatività dei passeggeri tramite controllo del greenpass. Sorvolo sul fatto che il greenpass, di per sé, non garantisce proprio nulla, come è già stato detto da gente assai più autorevole di me: restiamo sulla verifica. Uno sale sul Frecciarossa che va da Milano e Roma, senza scalo: logica vorrebbe che gli si controllassero le credenziali prima di salire a bordo. Viceversa, il suo certificato viene controllato quando il treno è partito: quindi, ai fini di un contagio a bordo, che gli sia stato o meno esaminato non cambia proprio nulla. A Milano è salito e a Roma scenderà, come che sia.

Ecco, il cittadino, di fronte a questi controsensi rimane, perlomeno, perplesso. Il massimo del cinismo, abbinato alla demenza di cui sopra, riguarda i donatori di sangue: siccome il plasma serve moltissimo, si è pensato bene di non perdere donatori obbligandoli ad esibire il greenpass per accedere ai centri di prelievo. Però, una volta donato il proprio sangue, il benemerito volontario dovrà esibire il certificato per potersi ristorare dopo essere stato dissanguato a fin di bene.

Capito bene? Prima non serve, dopo sì. Ditemi se una cosa del genere rientri o meno tra i provvedimenti accettabili per un libero individuo, raziocinante, ancorchè ripieno di altruismo. E questi sono solo due esempi, cui mi limito per non tediare eccessivamente i miei tre lettori. E, adesso, ditemi se questa povera Italia Giove la voglia perdere oppure no.

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