di CRISTIANO GATTI – I renziani incombono, pressano, tampinano: “Forza, cosa aspettiamo, riapriamo le fabbriche. Non possiamo pensare di vivere rinchiusi per sempre”.
E chi ha detto per sempre, tanto per cominciare. S’è detto, con tardivo buonsenso, riapriamo non appena abbiamo salvato la pelle. E’ diverso.
E comunque. Caro Renzi, cari renziani, cari renzini: noi qui in Lombardia, soprattutto a Bergamo, abbiamo già sbagliato all’inizio, prima, proprio in nome e per conto di questo valore supremo della fabbrica aperta. Non sarete voi a farci sbagliare una seconda volta. Questa, davvero, sarebbe diabolica e imperdonabile.
Per fortuna, a zittirvi ci sta pensando gente almeno un pelo più responsabile di voi, nella stessa area democratica: come Calenda, come Zingaretti. Con garbo, senza berciare, vi hanno rispediti al mittente, tra gli incoscienti come Trump e come Johnson, in fondo.
Ma Renzi, i renziani, i renzini, dopo tutto vanno capiti: tutti i giorni si alzano con lo stesso problema angosciante, trovare un senso alla propria diversità, a qualunque costo, in qualunque modo. In definitiva, la loro è una lotta senza quartiere, disperata, per la sopravvivenza politica. Ci sta. Ma non adesso. Non vengano a farlo sulla nostra pelle, di noi tutti che ancora stiamo lottando per la semplice sopravvivenza.