PRESEPE A 24 CARATI

di CRISTIANO GATTI –  Quest’anno la crociata per e contro il presepe nelle scuole è un po’ giù di moda, tira aria fiacca nei talk-show e nei circoli degli opinionisti togati. Persino i presidi ipersensibili alla sensibilità dei bimbi musulmani s’è piuttosto appisolata: pochi casi, pochi casini.
Ci sarebbe però un altro modo per rimettere il presepe al centro di questo periodo prenatalizio. Mi viene in mente davanti alla vetrina magnifica di una gioielleria del centro milanese: lì di fianco a bracciali e orologi, l’idea regalo di un presepe in miniatura, pratico da mensola, ci sta in qualunque angolo, che richiede però degli occhiali da sole per essere gustato fino in fondo. Mangiatoia con fieno in fili d’oro, personaggi della natività in argento, e su tutto la luce accecante della cometa in brillantini veri. Il prezzo non c’è, non si usa in certi negozi, volgarizza. Però lo immagino.
Non cadrò nel trappolone retorico e indignato sull’opulenza del Natale occidentale. Non ripartirò in automatico sul grande evento che ha sconvolto la storia degli uomini, mettendo al centro la dignità degli ultimi, e che noi ricordiamo ogni anno tra sprechi e consumismi spudorati.
Voglio solo dire che dovrebbe comunque sopravvivere un limite. Il presepe da gioielleria, con l’oro, l’argento e i brillanti, è tecnicamente un sublime ossimoro, tutto sommato il più ardito che il nostro malinteso senso del vivere abbia mai concepito. Non percepire la contraddizione tra quel bambino deposto su fieno d’oro e il significato cosmico di quella nascita, dà la precisa idea del nostro stato confusionale. Del nostro vuoto finale. Madonne e crocefissi ormai ci vengono buoni solo per lanciare anatemi ed esorcismi contro la minaccia di altre religioni, anche se nessuno sa più dire perché. Adesso possiamo anche fermare l nemico brandendo il presepe a 24 carati. Confermato: di quella notte abbiamo capito poco, continuiamo a capirci sempre meno. Poi ce la raccontiamo sul declino dell’Occidente.
E se sa un po’ di predica natalizia, me ne importa zero. Peggio stare zitti.

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