Più modestamente perché semplicemente un uomo e non un santo, nel suo bellissimo “L’onda perfetta” Sergio Bambarén ha scritto: “Di fronte alle tragedie dei popoli, è inutile chiedersi perché, bisogna invece pensare a come si potranno rialzare”.
Cosa ci possiamo vedere di buono in questo clima di guerra? Per esempio, che tutto il mondo (ormai) si è schierato sulla stessa linea del fronte per combattere un nemico comune. Dopo l’enorme depressione economica destinata a seguire questa catastrofe, sboccerà per forza una solidarietà inedita tra le Nazioni più potenti perché bisognerà risollevare il pianeta.
Il buonsenso di molti sta sbocciando nella condanna agli stolti: in un momento in cui sembra iniziata la caccia all’untore come durante la Milano appestata di Manzoni, la gente civile fa quadrato nel difendersi e nell’attaccare.
Il coprifuoco cui gradatamente stiamo per essere costretti in Italia, abbasserà le soglie dell’inquinamento e la natura potrebbe giovarsi di un minimo riequilibrio.
Siamo costretti a stare in famiglia, e se da una parte i bambini a casa, il lavoro immobile, i pensieri e le preoccupazioni rendono queste riflessioni apparentemente ciniche e magari un po’ bigotte, stiamo a tavola insieme a pranzo e cena anche a costo di mangiare solo pane e patate. E amuchina.
Di fronte all’incalzare spropositato del progresso e del benessere, della tecnologia e dai confort, nostri nonni ci hanno detto tutti, credo proprio tutti almeno una volta, quella frase terribile: “Vi ci vorrebbe una guerra per capire il senso delle cose”. Un anatema che oggi stiamo vivendo e, per la prima volta, tutto insieme con gli stessi obiettivi e lo stesso scopo.
Io capisco il panico di quei milanesi che corrono alla stazione per fuggire: il panico è una bestia feroce. Li condanno come tutti, ma non arrivo a disprezzarli. Ognuno vive la paura secondo la sua natura.
La mia natura è incrollabilmente ottimista e sento dentro il cuore che dopo questa angosciante nottata del pianeta, avremo le grandi opportunità di sfruttare un senso comune di sopravvivenza, di riconsiderare molti valori che avevamo seppellito e di imparare finalmente, definitivamente, a difendere la nostra salute e quella del pianeta che abbiamo – lui sì – volontariamente contagiato, infettato e distrutto.
Il Coronavirus ci sta insegnando in maniera spietata e severa che qualcosa, nella nostra vita incosciente, passata la tempesta dovrà cambiare.