POTER FARE POLITICA SENZA PENSARE AI SOLDI

di DON ALBERTO CARRARA – “Il sottoscritto Mario Draghi dichiara di non percepire alcun compenso di qualsiasi natura connesso all’assunzione della carica”. Dunque il Presidente del consiglio non prende compensi per il suo lavoro di primo ministro. È quanto risulta da dati e documenti per la trasparenza amministrativa pubblicati sul sito del governo. Leggo la notizia sul “Corriere” e la trovo confermata su numerosi siti internet. I quali tutti si affrettano a precisare che comunque Draghi ha denunciato un reddito che sfiora i 600.000 euro annui.

Ma la notizia incuriosisce comunque: siamo pur sempre nell’epoca in cui la politica non viene concepita esattamente come puro servizio. Che Draghi lavori per il suo Paese a costo zero diventa per forza un avvenimento.

Coincidenze: dopo aver letto il “Corriere” e fatto una corsa lungo i siti internet, riprendo la lettura di un testo, un po’ datato, ma interessante, che ho iniziato a leggere in questi giorni. Si tratta di una specie di storia della Chiesa scritta però a flash su alcuni documenti, fatti di grande storia e di piccola cronaca che, messi insieme, danno l’idea di quello che succede in un certo periodo storico. Il libro che sto leggendo è il primo di una serie e riguarda i primi anni del cristianesimo. L’autore ricostruisce una transazione economica avvenuta a Pompei attorno agli anni 60, una ventina d’anni circa prima dell’eruzione del 79. E commenta la situazione sociale in cui la transazione avviene: “Ciò che conta è il denaro, come testimoniano due iscrizioni ancora visibili: ‘Salve lucrum’. Quando si dispone di un capitale di centomila sesterzi, si può accedere alle magistrature, si può sperare di diventare un giorno cavalieri, chissà forse senatori… Così l’economia schiavistica permette, a coloro che possiedono la terra, di arricchirsi negli affari (negotium) e di trovare così il tempo libero (otium) per dedicarsi al solo gioco degno di un notabile: la politica” (“Gli uomini della fraternità”, vol. I, “La giovinezza del Vangelo”, Roma 1982, pag. 146).

Siamo, da sempre, incerti sui criteri da adottare per giudicare l’importanza sociale di una persona. Talvolta pensiamo che debba guadagnare molto perché è importante. Oppure, viceversa, pensiamo che è importante perché guadagna molto. Quest’ultimo criterio è il più semplice e il più rozzo. Il primo più sottile perché bisogna capire quando uno è importante. Nel caso di Draghi, però, è chiaro che è importante: è primo ministro. Eppure, lui così importante, non prende nulla. Non solo, ma non prende nulla perché può permettersi il lusso di non prendere nulla. E’ come i ricchi cittadini di Pompei: dispone di tale otium da potersi dedicare al gioco degno di un notabile: la politica. E la politica vissuta in tutta libertà, rende ancora più notabile il notabile.

Come è strana la storia. O, forse, come è strano l’uomo che, negli anni 60 dopo Cristo e negli anni 2021, vive e rivive alcune situazioni che, almeno in piccola parte, possono essere paragonate fra loro. Chissà se è anche per questo che si definisce Draghi uomo d’altri tempi.

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