PORSCHE IN BORSA (FUORI DA VOLKSWAGEN) CORRERA’ COME LA FERRARI (FUORI DA FIAT)

L’annuncio che Volkswagen quoterà separatamente la sua controllata Porsche, e i numeri che ci stanno dietro, sembrano tanto uno di quei magheggi della finanza dove, con un abile gioco di scatole cinesi e rapidi movimenti delle tre tavolette, il banco vince sempre. E invece è un eccellente esempio di ottimizzazione del valore di un gruppo societario. Un caso di scuola. Infatti quando uscì la prima notizia a febbraio, dedicai una lezione del mio corso di mercati finanziari alla Luiss a questa operazione. Gli studenti la trovarono divertente.

Cominciamo dai numeri. Volkswagen (inclusa Porsche) fattura 250 miliardi l’anno e oggi vale in Borsa circa 86 miliardi (sempre inclusa Porsche). A breve venderà attraverso l’Ipo (initial public offering, cioè la prima quotazione in Borsa) il 12,5% delle azioni Porsche (fra l’altro senza diritto di voto, ma sorvoliamo su questo dettaglio) e si aspetta di ricavare 10 miliardi. Siccome 12,5% è un ottavo del totale, il valore di tutta la Porsche sarebbe di 80 miliardi. Ma se questo è vero, vorrebbe dire che tutto il resto del gruppo Volkswagen (la stessa Volkswagen, Audi, Lamborghini, Bentley, Seat, Skoda e un po’ di attività diverse) vale 6 miliardi. Non è un po’ poco, considerando che Stellantis ne vale 41 e Bmw 48,4? È molto poco, e infatti, secondo miei calcoli, che vi risparmio anche perché potrebbero essere basati su dati non accurati, in realtà Volkswagen post operazione potrebbe valere ancora quasi 80 miliardi o addirittura non scendere affatto!

Il trucco c’è e si vede (quindi è come se non ci fosse). Sta nel fatto che un’azienda molto particolare, pregiata e reputata come Porsche, quando è annegata dentro un gruppo generalista come Volkswagen viene valutata… come un’azienda qualunque. Se la separiamo, come fece Fiat con Ferrari, sarà valutata con i parametri di un’azienda eccellente e unica. Ripetere il successo di Ferrari è l’idea di Porsche.

La casa del Cavallino rampante è salita dai 40 euro del 2016 ai quasi 200 di oggi. Vale 40 volte gli utili e 22,5 l’Ebitda (una misura del margine di profitto lordo), mentre Volkswagen vale 4,5 volte gli utili e 4 volte l’Ebitda. Ovviamente Porsche è più simile a Ferrari che a Skoda, Seat e alla stessa Volkswagen (come marchio), ma finché è in pancia a Wolfsburg sconta gli stessi multipli.

Liberando Porsche dal guscio che la avvolge, potrà esprimere appieno il suo valore ed essere comperata dagli investitori come alternativa a Ferrari (appartenente al settore del lusso come Lvmh, 13 volte l’Ebitda, e Kering 10 volte l’Ebitda) anziché come alternativa a Stellantis, 0,8 volte l’Ebitda, o BMW , 3,7 volte l’Ebitda.

L’azienda Porsche è sempre quella, ma messa in un’altra vetrina, cioè offerta separatamente dagli altri marchi di Wolfsburg, attirerà una domanda più focalizzata, che ricerca proprio quella storia di investimento e non quella di un’azienda del settore automotive. L’operazione di scorporo di Porsche da Volkswagen è quindi un’ottima idea e ci fa piacere che l’advisor sia stata l’italiana Mediobanca (come fu per Ferrari).

Ma veniamo alle cose davvero importanti: il destino della gamma Porsche. Volkswagen dice che userà il ricavato dell’operazione per sostenere gli investimenti nell’auto elettrica. La separazione del marchio di Zuffenhausen fa sperare in un percorso autonomo, coinvolto sì nel processo di elettrificazione (Taycan e la prossima Macan), ma che non potrà rinunciare al suo modello più iconico, la 911, rigorosamente a motore termico. Perché altrimenti il mercato finanziario la punirebbe immediatamente facendo diminuire il valore di Borsa.

Chissà se nel paradiso (dei Grandi dell’automobile sportiva) Enzo Ferrari e Ferdinand Porsche ne staranno parlando seduti su due fustini di olio Gulf esausto….

Discutendo ancora del fatto che il Cavallino di Maranello, per via dell’amicizia di Ferrari con Francesco Baracca, è la giumenta simbolo della città di Stoccarda che campeggia al centro del marchio Porsche.

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