POCHE STORIE, HA VINTO DRAGHI

Siamo al solito valutare, scindere, precisare. Lo zero virgola in più o in meno. Chi ha vinto e chi non ha perso, non proprio, non è esatto, bisogna contestualizzare.

Dall’aria che tira, l’unico che rompe davvero il coro dei ma-se-però è Matteo Salvini, che dopo tanti mesi ritrova da qualche parte un minimo di lucidità per dire che sì, effettivamente abbiamo perso, causa “candidati scelti e presentati tardi” (poi, con calma, un bel giorno, se ritrova un altro dosaggio di lucidità, sarebbe importante anche dire qualcosa sulla qualità, di questi candidati scelti e presentati tardi).

In ogni caso: in un Paese serio e responsabile qualche riflessione in più andrebbe rivolta per esempio al clamoroso 47 per cento di Milano, percentuale dei votanti, mai così bassa nella storia della capitale morale, decisamente un segnale, per chi lo volesse cogliere e attenzionare, come dicono i carabinieri.

Ma evidentemente questa non è materia che interessi, in giro per partiti e politica varia. Adesso conta spaccare il capello in quattro davanti ai risultati. E allora, senza tanto faticare, senza inutili e interminabili acrobazie statistiche, forse sarebbe il caso di arrivare subito alla vera, indiscutibile, sostanziale conclusione: il trionfatore è Draghi.

Nessuno ha scritto il suo nome su una sola scheda, ma dubbi non ce ne sono, senza neanche bisogno di aspettare i risultati ufficiali, con tanto di ratifica notarile: il sistema Draghi, la cultura Draghi, l’amministrazione Draghi della cosa pubblica escono a mani alzate da questa corsa. Per via indiretta, di riflesso, ma tutto concorre a promuoverlo e a rafforzarlo.

E’ una conclusione grossolana, poco analitica, ma è sostanziale alla massima potenza: laddove perdono – e come perdono – quelli che flirtano con i no vax e i no green pass, quelli che stanno in Europa sognando di uscirne, quelli che stanno al governo fingendo di starci, inevitabilmente vince Draghi. Non è un plebiscito diretto sul suo nome, ma è una spallata in avanti per farlo correre ancora, più forte e più a lungo.

Non è un’elezione politica, tutti ci avvertono che non bisogna caricare di significati politici un appuntamento locale. Ma sono parole vane. Adesso tutti sappiamo che l’Italia è poco no vax e molto yes Mario. E su questo non servono tante analisi e tante maratone di Vespa e Mentana.

Piuttosto, la discussione dovrebbe già virare su un tema molto più attuale e concreto, il tema che ci accompagnerà sinistramente per un bel po’ di tempo, un tema da perderci il sonno e da mani nei capelli: senza Draghi, dopo Draghi, chi?

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