PERSEGUITARE I CRISTIANI, UN GIOCO DA RAGAZZI

di DON ALBERTO CARRARA – “I due terzi della popolazione mondiale (67%) vivono in Paesi in cui le violazioni della libertà religiosa avvengono in una forma o nell’altra, e i cristiani sono il gruppo maggiormente perseguitato. È una situazione che si è consolidata nel corso dei secoli, passando da una radice di intolleranza alla discriminazione, fino ad arrivare alla persecuzione”.

La denuncia è contenuta nella “XV edizione del Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acn)” sulla libertà religiosa nel mondo, diffuso qualche giorno fa nelle 23 sedi della Fondazione di tutto il mondo.

Come mai il potere ha così tanta paura di chi crede e, in particolare, ha così tanta paura in chi crede in Gesù di Nazaret e nel Vangelo? Domanda inevitabile su una situazione inquietante.

Il rapporto cita in particolare i Paesi in cui è in atto una vera e propria persecuzione. In questo elenco figurano 26 Paesi in cui vivono 3,9 miliardi di persone, ovvero poco più della metà (il 51%) della popolazione mondiale. Dodici sono Stati africani (Mali, Nigeria, Burkina Faso, Camerun, Niger, Ciad, R.D. Congo, Eritrea, Mozambico, Gibuti, Somalia, Libia) e due sono Paesi dove sono in corso indagini per un possibile genocidio: Cina e Myanmar (Birmania). Tra i Paesi in cui ci sono persecuzioni si cita anche la Corea del Nord e, per lo più a causa di movimenti fondamentalisti non adeguatamente arginati dal potere, India, Pakistan, Nepal, Sri Lanka, Thailandia.

Diciamo, in estrema sintesi, che la lista non è proprio quella di Paesi nei quali trionfa la democrazia. Nei Paesi persecutori il governo, di solito, è “forte”. La persecuzione dei credenti è segno di una concezione sacra, pagana del potere: un potere che vuole essere totale e che contesta chi si riferisce a un altro potere, in grado di giudicare anche chi governa.

Ma è particolarmente interessante il “caso cristiano”. IL DNA dell’anima cristiana parla di servizio, di dono, di vita spesa per gli altri: insomma la Chiesa “buona” è una Chiesa che vuole essere fragile. Ora, una Chiesa fragile, in una società dove la forza conta, diventa perdente per vocazione. Anzi, la debolezza della Chiesa può diventare l’incentivo per chi vuole usare la forza contro di lei. È psicologia spicciola quella che ricorda che il persecutore si sente forte quando il perseguitato è debole.

A questo proposito. Si è notato più volte che nella laicissima Francia si tratta con i guanti di velluto l’Islam e ci si sente invece autorizzati a bistrattare in tutti i modi la chiesa dei cristiani. La chiesa debole, da parte sua, in Francia e altrove, non se la sente di reagire, anche perché offrirebbe altri motivi per essere criticata e quindi diventerebbe ancora più debole e quindi ancora più facile da attaccare.

Non ci sono soluzioni. La chiesa potrebbe mostrare i muscoli. L’ha fatto spesso e anche a sproposito. Non ci ha guadagnato niente. Anzi: ci ha perso tutto. Quando ha vinto qualche battaglia legale o qualche guerra con le armi era più forte, ma non era più la chiesa dell’Uomo del Golgota. L’unica soluzione, per la chiesa, è essere se stessa, sempre e a prescindere. L’unica consolazione è che forse la storia giudicherà. Forse, perché, lo si ripete spesso, anche la storia viene scritta dai vincitori.

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