PERDERE IL PORTAFOGLI E SBATTERE NELL’ETERNA LITE TRA BENE E MALE

Generalizzare, l’ho imparato negli anni, è sempre sbagliato: i Genovesi avari, i Napoletani furbi, sono definizioni buone per i cretini. In ogni società, anche la più corrotta, troveremo uomini buoni e onesti, come, del pari, perfino in Paradiso, potrebbe capitarci tra i piedi un dantesco Vanni Fucci.

Ne ho avuta la conferma ieri, grazie (diciamo così) a una mia piccola disavventura. Tornando a Bergamo da un paese dell’hinterland, mi sono accorto di aver perso il portafogli, scivolatomi dalla tasca posteriore, mentre guidavo il mio scooter: chissà dove! Per un momento, mi sono visto perduto: patente, carta d’identità, tessera sanitaria, carte di credito, bancomat. Insomma: tutto.

Tra l’altro, avevo subito una di quelle riunioni con i maggiorenti: gente di giacca e di cravatta. Ho dovuto fingere profonda attenzione, mentre chattavo con mio figlio, per fargli bloccare le carte. In altre parole, un incubo: chiunque sia passato da un’esperienza del genere sa perfettamente di cosa parlo. Appena finito il summit, mi sono scaraventato in moto, a ripercorrere a ritroso la strada fatta, soffermandomi nei punti in cui mi pareva più probabile che fosse potuto cadere il portafogli. Macchè: niente da fare. Sono tornato a casa mia, in uno stato d’animo a mezzo tra lo sconforto (ma devono capitare tutte a me?) e la rabbia (sono veramente un cretino!), immaginando l’interminabile trafila che avevo davanti: denuncia ai Carabinieri, pellegrinaggio ai vari sportelli, ritardi, attese, sconnessioni.

Ero arrivato a casa da una mezz’oretta, quando mio figlio mi dice che c’è un signore al citofono che mi cerca: chi può suonare a quest’ora di sera? Forse uno scherzo, un amico: e chi lo sa?

Il mio cuore, però, mi diceva già che l’insolita scampanellata aveva a che fare con la mia disgrazia: un Bergamasco conosce i Bergamaschi, avrei pensato, se, d’abitudine, generalizzassi. Vabbè, l’ho pensato lo stesso: la speranza rende euforici come il prosecco. E, difatti, sceso in strada, ho trovato un signore, più o meno della mia età, che mi ha riconsegnato l’oggetto perduto. Mi ha perfino detto: non ci crederà, ma era vuoto, le assicuro che i soldi non li ho presi io! L’avrei abbracciato, lì, sul marciapiede: o meraviglioso salvatore, così scrupolosamente onesto da pensare di poter essere sospettato del furto di quel pochi denari, dopo che ti sei fatto i chilometri per riportarmi a casa il portafogli! Ringraziatolo a iosa, me ne sono risalito in casa, tutto orgoglioso di far parte di una comunità così formidabile.

Poi, però, ho ripensato a tutta la sequenza. Il mio gentilissimo concittadino aveva trovato il mio portafogli a bordo strada, spalancato e, per così dire, in bella vista: non mancava nulla, tranne le banconote. Quindi, la storia, in realtà, è più articolata. Qualcun altro ha trovato l’oggetto, l’ha ispezionato e l’ha ripulito di quei pochi euro: poi, non facendosene nulla, l’ha gettato via. Non ha minimamente pensato a farmi avere perlomeno i documenti: preso il denaro, si è liberato del corpo del reato. Questo ha fatto Mister Hyde: finchè non è passato di lì il Dottor Jekyll, con l’esito che sapete.

Dunque, nel medesimo posto, più o meno alla medesima ora, due persone, di fronte alla stessa opportunità, hanno avuto comportamenti antipodici: uno ha scelto il male e l’altro il bene. Qualche mio conterraneo spiegherebbe subito che i soldi li ha presi un extracomunitario, sicuro al cento per cento, ma sinceramente non mi va di scendere a questo livello.

Resta il piccolo esperimento sociale. Come vi dicevo, generalizzare è cosa da cretini. Quanto a Mister Hyde, spero che con i miei soldi si compri da bere. E ci si strozzi.

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