La statistica è precisa, ma indifferente. Ci dice che in Italia tra il 2015 e il 2021 i divorzi delle coppie formate da ultrasessantenni sono aumentati del 40 per cento. In termini assoluti, vale a dire che dai 6.131 divorzi del 2015 si è passati tre anni fa a 8.715. Tutto ciò pone qualche interrogativo ma, come si diceva, la statistica è indifferente: fornite percentuali e numeri assoluti, l’Istat ci abbandona a speculazioni, analisi sociali e radiografie psicologiche basate soltanto sulla nostra sensibilità.
Ma siccome ben pochi esitano ad affrontare il buio dell’ignoto armati solo della luce fioca delle loro opinioni, ecco che la statistica di cui sopra, diventata notizia, ha già prodotto una serie di dissertazioni sui cambiamenti in corso nella società, sulla percezione della vecchiaia e sulla solidità – o fragilità – dell’istituzione matrimoniale sufficienti a colmare gli scaffali di una biblioteca.
Volendo riassumere, possiamo dire che i più sottolineano come l’allungamento dell’aspettativa di vita trova le coppie di sessantenni incapaci di rassegnarsi a relazioni che la consuetudine rende spesso insapori se non proprio intollerabili. A 60, come a 65 anni ci si aspetta di più: dal punto di vista sentimentale e, grazie alla chimica farmaceutica, anche da quello sessuale.
In più, sottolineano psicologi e sociologi, non di rado subentra la sindrome del “nido vuoto”: i figli, ormai adulti, abbandonano la casa dei genitori, lasciandoli uno di fronte all’altro a squadrare la reciproca incapacità di suscitare vecchi sentimenti e sollevare rinnovati bollori. Da tutto questo discenderebbe l’aumento così rilevante – anche se in termini assoluti forse non così esplosivo – dei “grey divorce” (eh sì, anche in questo settore non poteva mancare l’allocuzione inglese).
Un’analisi che non sembra campata in aria. Forse però la si può accusare di trascurare l’aspetto più drammatico del fenomeno, che non riguarda soltanto i sessantenni, ovvero i cosiddetti “boomer”, come li identifica un’etichetta la cui utilità deve ancora essere rivelata al mondo, ma tutti quanti, ovvero la popolazione nel suo complesso, immersa nell’illusione, creduta perfino un diritto sacrosanto, di vivere in un presente eterno che non è solo, come forse è stato fino a qualche decennio fa, un ingannevole riflesso di giovinezza congelata nel tempo, ma una sorta di involucro ovattato, un bozzolo sospeso tra realtà e finzione dove ogni cosa è a portata di mano e tale rimane per sempre.
Per questo, forse, è diventato inaccettabile constatare i segni del proprio invecchiamento, ma soprattutto quelli dell’inevitabile cambiamento che trasforma tutto, comprese le relazioni personali e, di certo, i matrimoni.
Fino a qualche tempo fa molte coppie ancora accettavano, pur con qualche timore, che in una certa stagione della vita il rapporto interpersonale si trasformasse, finendo per scoprire con sorpresa come quel che sotto una certa luce sembrava consuetudine e noia, visto da un’altra prospettiva prendeva l’aspetto di una nuova, più profonda intimità. Ma non è con questa intimità che oggi vogliamo arredare il bozzolo dell’eterno presente: piuttosto, cerchiamo stimoli e sensazioni, anche sensuali, che nella nostra illusione immaginiamo sospesi in una sfera sempre accessibile, sempre disponibile. Una sorta di wi-fi gratuito al quale colleghiamo la speranza di illimitata felicità.
Questa connessione virtuale ci impedisce però di accettare il cambiamento, con i suoi crucci ma anche con le sue sorprese e le sue opportunità, e in ultima analisi ci rende ogni giorno più indifesi davanti alla prospettiva dell’inevitabile Ultimo Divorzio, quello dalla vita. Che fa ancora paura a tutti, oggi più che mai, anche se nessuno ha il coraggio di ammetterlo.