PERCHE’ NOI PACIFISTI DOVREMMO DIRE GRAZIE ANCHE A CHI SPARA

Giusto provare a intensificare la via diplomatica, giusto insistere con le sanzioni che minano il sistema economico dell’oppressore, giusto il sequestro dei beni agli oligarchi per spezzare il cerchio magico di Putin. Le strade che non provocano morti e feriti sono in linea teorica le migliori e tutti vorrebbero percorrerle.

Un solo grande e irripetibile esempio di successo nella storia dell’Umanità: il Mahatma Gandhi, che con la sua rivoluzionaria teoria della non-violenza è riuscito a costringere La Gran Bretagna a riconoscere i diritti degli indiani e a portare il Paese all’indipendenza.

Ma non c’era un’invasione da bloccare, non c’era una guerra da combattere subito, in cui devi opporti in tempi brevi per tentare di sopravvivere. In queste situazioni è inevitabile che scendano in campo le forze armate in prima battuta per difendere gli invasi, le democrazie si difendono anche con le armi, devono farlo, piaccia o no. Le armate russe non si fermano sventolando in faccia solo le bandiere azzurro-giallo e quelle arcobaleno, o suonando l’inno nelle piazze. Ci vuole la resistenza, è necessario che i soldati si schierino, bisogna scavare le trincee e prepararsi persino a morire.

Guardando i reportage seduti comodi sul divano, vediamo i militari ucraini che stanno provando eroicamente a resistere, nel tentativo di replicare la storia di Davide e Golia. Le interviste ci mostrano donne e uomini fieri, che sono convinti di giocarsi la vita pur di salvare il proprio Paese, ma ancora più importante è affermare il diritto alla libertà e alla democrazia. Non ci sono solo i professionisti, c’è una grande schiera di volontari (quelli con la fascia gialla al braccio) che si sta unendo all’esercito regolare, perché si capisce che i numeri in gioco sono insufficienti. Ancora più coraggiosi, ancora più meritevoli.

La nostra solidarietà deve andare anche a loro, non solo ai civili e agli innocenti. Dobbiamo convincerci che l’idea di un pacifismo risolutore di conflitti non funziona nel breve periodo. Va perseguita la pace, certo, ma intanto i cannoni dei carri armati vanno messi fuori uso giocoforza con la forza. Abbiamo visto il tentennamento della rappresentanza russa, abbiamo preso atto dell’epurazione di Putin dei suoi fedelissimi per non aver avuto successo in quella guerra lampo in cui probabilmente credeva. Il merito di questo stop non  viene di sicuro dalle reiterate telefonate di Macron “ti-prego-vedi-di-fermarti”, o dei vari Di Maio di turno, che si esercitano in verbosi tentativi senza sortire alcuno effetto. E nemmeno si sta cavando molto dai finti negoziati, in cui le controparti si accusano a vicenda della qualunque.

Per i momento dobbiamo dire grazie solo a chi scava le fosse e spara, a chi si nasconde nei boschi e prepara le imboscate, a chi si attrezza con le nuove armi arrivate come rinforzi. Può turbarci, ma è la realtà dei fatti.

E allora quando vediamo una tuta mimetica, cerchiamo almeno di non avere reazioni qualunquistiche del tipo “sono-contrario-a-ogni-tipo-di-violenza-aborro-le-armi”: pensiamo piuttosto che dentro quella tuta c’è un essere umano, magari persino più pacifico di noi, che rischia la vita per non lasciarsi sopraffare e che nei fatti combatte per difendere i diritti di una società libera. #siamotuttiucraini deve valere per tutti, anche per che imbraccia un fucile.

 

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