Il Tour è qui, in Italia, dove parte per la prima volta: ci ha messo ben più di un secolo per farlo. Ha scelto Firenze, la città di Bartali, ha scelto il ’24, cent’anni dopo il primo nostro successo con Bottecchia. Ci resterà tre giorni, toccando anche le terre di Pantani e di Coppi: sui francesi ognuno ha la propria idea, ma su come celebrano le ricorrenze meglio lasciarli stare.
IL TOUR E’ più di un semplice avvenimento: è un vero e proprio evento. Di ciclismo, ma anche di mondanità: conta esserci, non solo per chi vive di biciclette. E’ un luogo dello spirito prima che un nobile palcoscenico: in Francia, se fai parte della carovana del Tour, sei qualcuno anche se conti zero.
IL TOUR E’ organizzazione, molto più ampia di una normale corsa in bicicletta: la sua macchina perfetta ha il valore di un modello assoluto, non è un caso che le università vi collaborino per organizzare stage di marketing e non solo. Se la gioca con il Mondiale di calcio e con l’Olimpiade, anche come ascolti tv e presenza di pubblico: con la differenza che il Tour si celebra tutti gli anni, gli altri due eventi ogni quattro.
IL TOUR E’ una città viaggiante, che porta a spasso fra Italia e Francia almeno 5mila persone. E’ una gigantesca fisarmonica che si stringe intorno alla corsa e si allarga lungo le regioni che attraversa. E’ un sincronismo perfetto in tutti i suoi settori, dalla carovana pubblicitaria alle vetture per gli ospiti che vivono la gara dall’interno: tutto è studiato al dettaglio, l’improvvisazione viene lasciata solo ai ciclisti.
IL TOUR E’ un business pazzesco, imparagonabile con le altre grandi corse a tappe, per non dire irraggiungibile. E’ un moltiplicatore di investimenti: è calcolato che per ogni euro che riceve, ne restituisce almeno cinque. Porta turismo, regala immagine: chi l’ha ospitato fuori dai confini francesi in questi anni (Paesi Baschi, Danimarca, Belgio, ripercorrendo a ritroso le edizioni più recenti) ci ha solo guadagnato. E poi magari qualcuno ancora si chiede perchè l’Italia abbia fatto di tutto per avere questa partenza.
IL TOUR E’ ricchezza, sotto tutti i punti di vista: compreso quello dei corridori. Ha il montepremi più alto, che sfiora i 2,5 milioni di euro: al vincitore ne spetta un quinto, mezzo milione. Già questo spiega la qualità del livello tecnico: più elevati sono i premi, più c’è possibilità di avere al via i corridori migliori. E di alzare l’interesse televisivo.
IL TOUR E’ anche (e soprattutto) grandi numeri: l’Aso, che lo organizza, fattura oltre 150 milioni di euro, almeno tre volte il Giro. Di questi, poco meno della metà arriva dagli sponsor. L’indotto complessivo, un decennio fa, era vicino al miliardo di euro (fonte Sfs, società di analisi economica): ci sta che nel frattempo sia lievitato ancora.
IL TOUR E’ l’evento sportivo più seguito in diretta: le cifre ufficiali parlano di oltre 150 milioni di telespettatori in Europa, 45 dei quali in Francia, dove le tappe più importanti raggiungono ascolti formidabili (quasi 9 milioni, lo scorso anno). Nel digitale, oltre 15 milioni seguono la corsa in streaming, più di 12 visitano l’app ufficiale dell’organizzazione. Poi c’è il pubblico sulle strade, stimato fra i 10 e 12 milioni.
IL TOUR E’ festa popolare. In senso letterale: l’happy hour inizia prima del passaggio della corsa, con la carovana pubblicitaria che allieta la folla a bordo strada consegnando prodotti e gadget degli sponsor. E’ un appuntamento nell’appuntamento: c’è chi aspetta per ore sotto il sole i veicoli pubblicitari più che i corridori.
IL TOUR E’ il ciclismo al massimo livello: dei grandi interpreti, non manca nessuno. Velocisti, scalatori, cronomen, specialisti da classiche e da corse a tappe: qui ci sono tutti. Compreso il più bravo in circolazione, Tadej Pogacar, che ha dominato il Giro e cerca di ripetersi al Tour. Riuscendoci, centrerebbe la doppietta che manca dai tempi di Pantani, fine secolo scorso: il Tour è anche un modo di entrare nella leggenda.