PERCHE’ LA FARINA DI GRILLI RESTA INQUIETANTE

Pochi giorni fa, una telefonata dai toni allarmati da parte di un’anziana parente, preoccupata che la pizza appena consumata al ristorante potesse contenere in qualche modo farina di insetti, è l’esatta fotografia del disastro causato dalla sciagurata notizia dell’autorizzazione alla vendita di alimenti a base di farine di insetti, soprattutto nei soggetti mediaticamente più vulnerabili.

Ma non è una sensazione circoscritta, è piuttosto il segnale preciso di una preoccupazione diffusa, che ci sentiamo di condividere pienamente.

La decisione dell’UE, di autorizzare l’impiego di grilli domestici (Acheta domesticus) come novel food in forma congelata, essiccata e in polvere o in polvere parzialmente degrassata, concedendo un’esclusiva quinquennale a favore dell’impresa che ne ha richiesto l’autorizzazione, sta sollevando una serie infinita di polemiche.

Evidentemente, motivazioni di carattere culturale determinano nell’opinione pubblica nostrana un dissenso accompagnato da un profondo disgusto, che, badate, non è un sostantivo scelto a caso, ma un termine ampiamente utilizzato dalla comunità scientifica per sottolineare uno dei maggiori ostacoli all’introduzione del cibo contenente farina di insetti su ampia scala nella nostra dieta.

La lotta al disgusto è infatti la nuova sfida dei teorici del cibo a base di insetti.

Ma lasciando stare i giudizi personali, ci siamo posti delle domande sul consumo (per noi solo potenziale) di questi alimenti, trovando però risposte troppo lacunose.

I quesiti riguardano soprattutto i rischi che questi cibi (?) possono causare alla salute e il loro grado di sicurezza alimentare.

In entrambi i casi i quesiti restano apertissimi.

Consultando diversi motori di ricerca scientifici, le review sull’argomento segnalano studi troppo parziali che, nella loro limitatezza, arrivano alla conclusione quasi univoca, che il cibo prodotto utilizzando farine di insetti determina, in soggetti sensibili, potenziali reazioni allergiche.

Tesi, peraltro, confermata anche dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), ovvero l’Ente preposto all’autorizzazione per i cibi di nuova introduzione.

Leggiamo sul sito dell’Autorità la dichiarazione di Ermolaos Ververis, chimico ed esperto EFSA in scienza degli alimenti: “Le formule a base di insetti possono essere ad elevato contenuto proteico, benché i livelli proteici utili possano risultare sovrastimati quando sia presente la chitina, una delle principali sostanze che compongono l’esoscheletro degli insetti. Un nodo fondamentale della valutazione è che molte allergie alimentari sono connesse alle proteine, per cui dobbiamo valutare anche se il consumo di insetti possa scatenare reazioni allergiche. Tali reazioni possono essere provocate dalla sensibilità individuale alle proteine di insetti, dalla reazione crociata con altri allergeni o da allergeni residuati da mangimi per insetti, ad esempio il glutine. È un lavoro impegnativo perché la qualità e la disponibilità dei dati varia, e c’è molta diversità tra una specie di insetti e l’altra”.

“Ci sono anche ragioni non di natura scientifica che rendono impegnativo lo studio dei nuovi alimenti.”

“La marea di richieste di valutazione comporta una notevole mole di lavoro e i termini di scadenza delle valutazioni sono talvolta troppo ravvicinati, soprattutto se le richieste mancano di dati scientifici essenziali”

Lo scienziato segnala in sintesi una incompleta valutazione dei rischi allergenici e una ridotta disponibilità di tempo per valutare i nuovi prodotti in fase autorizzativa.

Sempre l’EFSA precisa che i soggetti allergici a crostacei, molluschi e acari della polvere sono sconsigliati dall’assumere cibi proteici a base di insetti. Una correlazione segnalata a causa della pressochè identica composizione proteica delle diverse specie.

Anche i soggetti che presentano intolleranze al glutine sono sconsigliati dall’assumere cibi con farina di insetti. Il glutine potrebbe essere presente nel mangime riservato agli insetti e arrivare quindi fino al prodotto finale.

Sono proprio queste criticità a porre un argine alla vendita indiscriminata di questi alimenti.

La possibilità di poter innescare allergenicità o intolleranze impone ai produttori, secondo le regole di etichettatura stabilite dalla Commissione europea, di indicare il nome degli insetti in etichetta, insieme alle avvertenze per gli individui allergici e gli intolleranti al glutine.

Inoltre, per quanto riguarda gli integratori alimentari a base di verme della farina minore, l’Efsa sconsiglia il suo utilizzo ai minori di 18 anni.

Più che delle etichette di alimenti ci sembrano le avvertenze preliminari all’utilizzo di farmaci.

La sicurezza alimentare di questi prodotti è un tema che non è stato ancora trattato per come meriterebbe: sappiamo che la Cricket One Co. Ltd, ovvero l’azienda vietnamita che per prima ha fatto richiesta, è la sola che dal 24 gennaio 2023 è autorizzata per un periodo di cinque anni a immettere sul mercato Ue la polvere di grillo, salvo il caso in cui un richiedente successivo ottenga un’autorizzazione per lo stesso alimento. Il motto di Cricket One è: “Proteine classiche per un mondo moderno”.

Ora non ci risulta che il settore agroalimentare vietnamita sia mai stata segnalato per l’eccellenza dei suoi standard fitosanitari (ma questa è sicuramente una nostra deficienza), ma a parte questa considerazione, sul sito aziendale non vi è nessuna informazione specifica sulle metodologie di allevamento degli insetti, soprattutto riguardo al tipo di alimentazione utilizzata. E sappiamo, per certo, che il substrato alimentare utilizzato si trasferisce nel prodotto finito.

Non siamo riusciti neanche a conoscere la composizione azionaria di questa società (ma questo probabilmente è un altro nostro limite), in modo da capire l’effettiva potenza di questa compagine che è riuscita a strappare alla UE un contratto di esclusiva per cinque anni.

Avremmo capito fosse stata qatariota, sul Vietnam siamo rimasti spiazzati.

Chissà che nel prossimo futuro non scopriremo che qualcuno abbia fatto delle vacanze premio ad Ho Chi Minh City.

Non vorremmo si stiano sfruttando giuste istanze legate alla sostenibilità ambientale e alla scarsità di cibo, per veicolare prodotti quantomeno discutibili per parametri di sicurezza alimentare.

Per quanto ci riguarda, storia e cultura alimentare millenaria ci impediscono di accantonare il provincialismo che alberga in noi, rimanendo saldamente ancorati al senso di disgusto che ci preclude una imparziale degustazione.

Tuttavia, questa impreparazione culturale non ci impedirà quanto meno di leggere con scrupolosa attenzione le etichette dei prodotti, in ossequio all’antico proverbio siciliano “Cu si vardau si sarbau” letteralmente, “Chi si è guardato, si è salvato”.

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