PERCHE’ LA CONSIDERO PIU’ MONACA DI CLAUSURA CHE REGINA

E’ quasi impossibile scrivere un commento originale sulla morte di Elisabetta II.

Così come era difficile, una settimana fa, ricordare la principessa Diana a venticinque anni dalla sua morte.

In certi casi è meglio tacere, soprattutto quando il sentire comune, accanto all’enorme cordoglio, non risparmia anche una discreta insofferenza proprio per il diluvio di articoli e speciali giornalistici su The Queen.

Nonostante il compito arduo io, la mia, provo a dirla lo stesso.

Qualche collega ha osservato che la vita di Elisabetta sia stata “riposante”; certo, essendo la regina sarà stata servita e riverita. Insomma, la “fatica fisica” non è forse la prima cosa che viene in mente pensando ad una sovrana. Eppure continuo a pensare che 70 anni di regno, col carico istituzionale fatto di viaggi e presenzialismi in ogni parte del mondo, tanto leggero non deve essere stato (anche se c’è chi le preparava i bagagli).

Ma la fatica più grande di Elisabetta la immagino legata a tutte le vicende familiari che hanno costellato i suoi anni sul trono d’Inghilterra: inutile qui stare a ricordarle tutte, sono troppe, troppo note e, in qualche caso, persino noiose.

Lei, sempre parca di commenti, ha fulgidamente espresso il concetto durante il funerale di suo marito, il principe Filippo, e lo ha fatto senza proferire parola.

E’ tutto in quella sua foto, seduta su uno scranno accanto al feretro, di nero vestita, col capo chino e lo sguardo nascosto dalla tesa del cappello, da sola.

Nessuno accanto a lei, quasi a dire “per un momento, famiglia pesante e complessa, restate dall’altra parte della navata, lasciatemi per conto mio, in pace”.

Nel fiume di parole che stiamo tutti leggendo e ascoltando in queste ore, una frase mi ha colpito: Elisabetta ha accolto, giovanissima, il suo incarico da regina come l’investitura di una monaca di clausura. Essere regina è stato, per lei, l’unico vero impegno di tutta la sua vita, fino alla fine.

Ed è per questa ragione, cioè subordinando ogni altra azione a questa insindacabile premessa, che è riuscita a sopportare tutto: dai tradimenti di suo marito all’annus horribilis marchiato indelebilmente dalla morte di Lady D; dalle intemperanze di figli, nipoti, nuore e cognate, alla gestione non sempre facile dei molti aspetti politici in capo a lei.

Non credo esista qualcosa di simile, ma Elisabetta è forse l’unica regina che avrebbe potuto scrivere un manuale intitolato “Come regnare a lungo e sopravvivere”.

Ecco dov’è, dov’era, la forza di Elisabetta “the rock”, ed ecco perché è giusto celebrarla, anche a costo di dover sopportare un’onda anomala di commenti in merito.

Il mio compreso.

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