PERCHE’ E’ UNA GUERRA ALL’ANTICA, COL MOSCHETTO, CASA PER CASA

La guerra è il mio lavoro: fondamentalmente, io racconto le guerre. È normale, quindi, che il direttore mi ponga una domanda che, probabilmente, si fanno in molti: com’è possibile che, in un’epoca di electronic warfare, di guerre spaziali, di battaglie che si combattono in stanze asettiche, premendo pulsanti, dall’Ucraina ci arrivino notizie e immagini di una guerra combattuta casa per casa?

La risposta, in realtà, è piuttosto semplice: esistono, oggi, due tipi di guerra. Due modelli che parrebbero antipodici, ma che, in realtà, sono complementari. Il primo è quello che possiamo definire della guerra di annientamento: io ho un nemico che individuo in un intero popolo. Obbiettivo del mio combattere è colpire quel nemico in ogni modo possibile, senza distinzione tra combattenti e non combattenti. Va da sè che, in questo genere di conflitti, io utilizzi illimitatamente il mio arsenale, dando fondo alle mie risorse: se ho un’arma vincente, la userò, senza remore. La seconda guerra mondiale ne è un esempio patente.

Il secondo modello è quello della guerra a intensità relativa: uno scontro in cui, per i più vari motivi, non vengono dispiegati tutti i mezzi disponibili e che, perciò, tende a protrarsi in estenuanti microbattaglie, che, di solito, esauriscono il più potente dei contendenti. In questo caso, l’esempio più calzante è quello del Vietnam, dove l’esercito più potente del mondo è stato messo sotto scacco da guerriglieri in ciabatte.

La verità è che non sempre si può combattere la guerra che farebbe più comodo: la situazione internazionale, lo scenario operativo, le condizioni logistiche limitano notevolmente l’impiego del proprio potenziale militare.

Così, nel conflitto russo-ucraino, la prima fase dell’operazione ha risposto alle caratteristiche della guerra contemporanea: un attacco coordinato agli obbiettivi di logistica e comando, per inibire le capacità offensive della forza aerea avversaria e sgombrare il campo ai corazzati, che, senza copertura aerea, diventano molto vulnerabili. Solo che, in questo caso, è evidente la volontà russa di evitare stragi di civili: di limitare i cosiddetti “danni collaterali”. Perciò, una tattica di ‘creeping barrage’, per consentire un’avanzata rapida delle forze terrestri va esclusa: in contesti urbani, avrebbe rappresentato un’autentica ecatombe.

L’alternativa, dunque, è accettare il gioco dell’avversario: combattere casa per casa e cortile per cortile, come in tante piccole Stalingrado. Ne deriva un combattimento di pattuglie appiedate: di sniper, di fuoco ravvicinato. Una guerriglia urbana, in definitiva. Ne abbiamo avuto immagini recentissime in Siria e, prima ancora, a Beirut.

L’immagine che ne deriva è quella di una guerra più feroce, anche se, in realtà, è molto meno sanguinosa di un bombardamento a tappeto: è una soluzione di ripiego, da parte dei Russi. E ne dimostra, in definitiva, la debolezza intrinseca, che rischia di trasformare un Blitz in una vera e propria campagna militare. Con tutti i problemi che questo comporterebbe. Per tutti noi.

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