PER UN’IDEA DI PRESEPE MODERNO

Anche per chi non avverta afflati mistici, il presepe resta un grande gioco della fantasia. C’è il filone della tradizione, che cerca di riprodurre fedelmente il mondo di duemila anni fa, e poi ci sono quelli – come nei vicoli di Napoli, certo – che hanno camminato oltre, trasformando il presepe in attualità, preparando l’arrivo del Figlio tra le case e le cose del proprio tempo. Ci può stare di tutto. Stavolta la Regina d’Inghilterra e Leo Messi, la Meloni e Zelenski, come no. A San Gregorio Armeno i protagonisti del 2022 ci sono tutti. Ma chiunque può immaginare il presepe come gli pare, il presepe è anche e soprattutto l’arte della libertà. Qui, solo alcuni dei momenti e delle immagini che si potrebbero riprodurre in ordine sparso.

Nella zona centrale del villaggio, davanti alla taverna, ci sono i soliti sfaccendati attorno al tavolaccio di legno, gente che ha molto tempo da perdere e poco da lavorare, stavolta impegnata in una feroce discussione, senza esclusione di colpi e di titoli: devono decidere come si chiamerà il loro partito. Tra gli altri, un timido prova a dire che bisognerebbe parlare di cose più serie, che soprattutto bisognerebbe fare in fretta, ma i più scamiciati nemmeno l’ascoltano: c’è tutto il tempo, fino a marzo non si decide niente, adesso siamo troppo impegnati sugli aggettivi.

Un po’ più in là, nell’angolo dove si canta e si balla, si vede un’anziana signora vestita da giovane che racconta barzellette sconce per catturare ancora un po’ di attenzione, ma proprio davanti a lei c’è una giovane signora nella posa di un’inviperita che la manda al diavolo, non tanto perchè le diano fastidio le barzellette sconce, ma perchè pretende che il suo bello vinca la gara a chi danza meglio.

In una zona più lontana del plastico natalizio, sono raggruppati i giovani. Alcune ragazzine ballano come idiote, assumendo le espressioni più svitate, per strappare qualche occhiata in più e poter raccontare di essere al centro dell’attenzione, più delle altre. Poco oltre, ci sono i maschi, armati fino ai denti, uno con la spranga, uno col coltello, uno con la catena, tutti impegnati a trascorrere la serata tra amici, massacrandosi senza un motivo.

Su un’altura, dove tutti possano notarle, giovani madri di famiglia si mostrano in mutande, spruzzando profumi nell’aria, facendo girare borsette e collane, nel chiaro tentativo di influenzare il branco, non necessariamente di pecore.

In lontananza, un fissato con l’espressione inquietante nella postura diabolica di lanciare bombe su un villaggio, riducendolo in macerie, con tutta una serie di statuine abbandonate in modo scomposto e disarticolato tra il muschio e la ghiaia, presumibilmente i poveracci ridotti a vittime inermi dai colpi dell’assatanato.

A pochi passi dalla capanna, in un locale oscuro e poco arieggiato, i notabili del paese mostrano espressioni macerate e pensose, chiaramente queste statue devono esprimere un duro lavoro d’ingegno, un potente sferragliare di meningi, l’impressione è che stiano decidendo questioni di vita e di morte, proprio mentre sta per nascere il bambinello. Sono i potenti del tempo, alle prese con i problemi seri che toccano l’intera comunità. Sul tavolo, le riproduzioni in miniatura delle carte su cui si stanno spremendo da tanto tempo, a giudicare dallo sfinimento che esprimono i volti: su queste carte, ci sono scritti numeri come 30, 40, 60 e una strana sigla, Pos. Nessuno, là fuori, in giro per il presepio, sembra molto attento a quanto succede nell’antro oscuro, come se le questioni di cui si parla lì dentro proprio non lo riguardasse. Sembrano due presepi diversi, le allegorie di due mondi lontani. Si ignorano. Eppure sono chiamati a recitare la stessa scena, nello stesso metro quadro…

Disponendo di tempo e di spazio, tante altre le riproduzioni che si possono allestire, tutte quelle che passano per la testa.

Alla fine, però, resta una sola la domanda che dovremmo rivolgerci, davanti al nostro capolavoro artistico. Sempre la stessa, in ogni tempo della storia, improvvisando una veloce preghiera: siamo sicuri che Nostro Signore abbia ancora voglia di tornare in un presepe così?

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