PER PREZIOSI, PIÙ DEI TRIBUNALI POTÈ IL TIFO

di LUCA SERAFINI – “Preziosi vattene”. Un messaggio forte, chiaro, deciso. Un invito elegante, educato e costoso perché i tifosi del Genoa per recapitarlo al presidente del loro club, quell’Enrico dei Giochi Preziosi, hanno comprato un’intera pagina della “Gazzetta dello sport” di domenica 18 luglio 2021. A listino, circa 40.000 euro.

La gradinata Nord rossoblù è in leggero ritardo (per questo forse ha speso di più) sulle donne, un gruppo di tifose che si firmano “le Genoane Arrabbiate”, le quali invece in giugno avevano comprato una pagina su “Tuttosport” per far pubblicare una lettera aperta contro Enrico Preziosi. Scrivevano più o meno che il presidente si accontenta del “minimo sindacale, la permanenza in serie A per il club più antico d’Italia (…). Lei preferisce plusvalenze infinite all’amore dei tifosi, che vivono nell’amarezza pensando che lei poteva ma non ha voluto (…). Se vogliamo tornare a sognare lei se ne deve andare”.

Proprietario del Genoa da 18 anni, il curriculum vitae di Enrico Preziosi è quasi equamente diviso in parti uguali tra successi imprenditoriali straordinari, fallimenti rovinosi, processi, condanne, accuse sia in campo industriale che finanziario e sportivo, a cominciare dal Como Calcio di cui fu proprietario dal 1997 al 2003 (finale amaro con arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio) e che fu capace di portare dalla C1 alla serie A, esattamente come gli capitò in seguito a Genova per ben 2 volte perché dopo la prima promozione dalla B alla A fu retrocesso a tavolino in C e riportò il grifone in A.
Da allora, come scrivono le tifose rossoblù, un decoroso, più spesso faticoso galleggiamento nella massima serie A condito da azioni illegali culminate con la condanna penale per frode sportiva e associazione a delinquere. Il che non gli ha impedito di restare saldamente al timone del club con il figlio Matteo, oscurato dall’ombra del padre ma assai attivo dietro le quinte. Nel frattempo si è inventato talent-scout di indubbio talento, cosicché i cartellini delle giovani promesse se li compra lui, a titolo personale, per poi rivenderli ad altre società tra le quali – perché no – il Genoa. Un bel business, un bel gioco molto prezioso.
Il calcio in Italia è il paradiso dei movimentatori di soldi: siamo l’unico Paese al mondo con la Guardia di Finanza, ma la finanza che riguarda il calcio è un’oasi inviolabile dove non si abbeverano sceicchi più o meno appassionati, ma perlopiù americani e orientali che comprano scatole – vuote di proprietà come quella degli stadi (giusto per dirne una) – in cui i costi dei cartellini sono sempre più estrosi e fittizi. Brave persone, fino a prova contraria, pronte ad inseguire essenzialmente proprio l’asset degli stadi nuovi prima ancora del risultato sportivo che in qualche caso comunque comincia ad arrivare (a volte le brave persone straniere sono più brave degli italiani nella gestione della palla).
Così, sulle punte ballano con bandiere diverse Inter, Milan, Venezia, Bologna, Fiorentina, Roma, Spezia, Pisa, Como, Padova e persino Campobasso con un socio a stelle e strisce. Perché in questo mare non dovrebbe sguazzare, bellamente, un pesce italiano?
È presto detto. Che ora siano sostenitori e sostenitrici a dover pagare pagine per mandare via Preziosi dal Genoa (e magari dal calcio…) potrebbe apparire grottesco, non fosse che l’Italia è il primo Paese al mondo per associazioni di volontariato e solidarietà che attestano la totale assenza dello Stato, di cui prendono il posto. Ecco dunque perché adesso è invece assolutamente normale che a darsi da fare ci siano anche i tifosi, i quali comprano pagine dei giornali per poterci scrivere quello che dovrebbe stare magari sulle pagine delle sentenze dei tribunali.

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