PER L’ASTRAZENECA MANCA SOLO L’ESORCISMO

di ELEONORA BALLISTA – La campagna vaccinale, stando al dato ufficiale di circa 500 mila inoculazioni al giorno, sembra procedere spedita.

Ma da qui a dire che gli italiani scelgano di vaccinarsi in tranquillità la strada è lunga e lastricata di ostacoli, più che altro psicologici.

La gente ha dubbi a non finire, di qualsiasi tipo, alimentati non già dalla mancanza di informazioni sui vari tipi di vaccino, piuttosto dalla sovrabbondanza di notizie, spesso discordanti, che in proposito ci vengono propinate ogni giorno.

Impossibile accendere televisore, pc o cellulare senza incappare in qualche virologo che, più che dare spiegazioni mediche rassicuranti, litiga con un collega di eguale fama gettando nel più nero sconforto lo spettatore, al quale, non essendo del mestiere, non resta che dare credito al dottore che in video sembra più affidabile.

Ma poi, spenta la tv, bisogna fare i conti con quell’iniezione diligentemente prenotata e alla quale ci si dovrà sottoporre sul serio.

Ed è qui che la paura si fa tangibile. Che vaccino mi faranno? E se fosse AstraZeneca (che io ho sentito chiamare anche AstraZenga, forse così recepito da qualche interista della prima ora), quello che “dicono” faccia venire la trombosi cerebrale?

Perché è a questo che ci siamo ridotti, al “dicono”. Un dubbio che in certe regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Sardegna ha addirittura portato molti cittadini a rifiutare il vaccino inglese lasciando circa il 50% delle dosi inutilizzate.

“Vaccini AstraZeneca rifiutati? Diamoli a chi li usa” avrebbe dichiarato l’infettivologo e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria Matteo Bassetti su Facebook. E il governatore della Lombardia Attilio Fontana si era detto disponibile a recuperarli per proporli ai Lombardi.

Un’ipotesi rimasta poi tale, ma sufficiente ad alimentare ulteriori ansie: “Ma le dosi che non hanno voluto in Sicilia e Calabria, e che vogliono dare a noi, saranno ancora buone? E se le avessero conservate male? E perchè se non le vogliono fare loro dobbiamo farcele noi?”.

Discorsi tipici da fila alla cassa del supermercato, ma che danno il polso esatto della preoccupazione che hanno in tanti e che, pur rimasta sempre sottotraccia, è in grado di generare incubi e produrre comportamenti che, se la situazione non fosse più che seria, farebbero anche sorridere.

Mia madre ne è un esempio: nonostante la sua assoluta convinzione di volersi vaccinare, a pochi giorni dall’appuntamento all’hub di zona, si è messa a riordinare con cura armadi e credenze che non guardava da tempo, nel timore, mai confessato, di morire lasciando la casa in un disordine non controllato. La mamma di un mio amico, decisa a non vaccinarsi, si è convinta soltanto dopo più visite, compresa una Tac, da diversi medici. Un’altra signora, il giorno prima del vaccino, ha preso l’agenda telefonica e ha chiamato amici e parenti, “Così, nel caso, ci siamo almeno salutati”.

Per la cronaca, le signore citate stanno tutte bene e anche se le loro azioni suscitano un sorriso, non mi sento affatto di giudicarle. Trovo, anzi, che tali preoccupazioni siano del tutto comprensibili, figlie, come detto, di una informazione mal gestita e a tratti distorta che ha provocato più audience ai salotti tv, trasformati in ring per virologi/pugili, che tranquillità nei cittadini.

E se a tutto ciò si aggiungono i dichiarati NoVax, gli odiatori da tastiera professionisti della demolizione, gli errori che possono anche capitare (vedi il caso della giovane che si è vista somministrare sei dosi di vaccino contemporaneamente), la politica che cavalca le battaglie di maggiore convenienza, ecco che le idee dei cittadini non possono che essere tante e confuse.

Ed è con questo turbinio di sentimenti nella testa e nel cuore che gran parte degli italiani si siede sulla sedia del centro vaccinale, magari dicendo prima una preghiera. Hai visto mai che capiti l’AstraZeneca.

 

 

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