PEGGIO DI MATTEO, SOLO LA STAMPA ZERBINA

 

di MARIO SCHIANI – “Vabbè, e adesso che succede?”. Mi sembra si possa riassumere così, con buona approssimazione, il contributo della stampa parlamentare alla conferenza con cui Matteo Renzi ha annunciato l’addio suo e delle sue ministre al governo Conte.

Perdonate la solita metafora pallonara, ma non si è visto nessuno andare in pressing, tentare una giocata, magari perfino un falletto malizioso. Renzi, del quale tutto si potrà dire tranne che s’ingarbuglia con le parole (in italiano: con l’inglese la storia è diversa), ha avuto buon gioco e si è perfino concesso, da attore consumato, una bella uscita di scena “alta”, retorica al punto giusto, chiudendo in fretta lo show con un “Grazie e buonasera a tutti” prima che qualcuno potesse rovinargli l’effettaccio.

Si dirà: ma in fondo quella era la domanda fondamentale. Gli italiani vogliono sapere che cosa succederà nelle prossime ore. Va bene, ma visto l’imponente schieramento dei media, ci saremmo aspettati che qualcuno trattenesse Renzi per la maglietta (scusate, il riflesso pallonaro è incontenibile) in modo da costringerlo a qualche approfondimento ragionato.

Era l’occasione giusta, una di più, per ribadire che il ruolo della stampa è essenziale. Renzi, a modo suo, ha dissertato di regole e di fondamenti della democrazia: ne ha dimenticato uno, il compito di critica e scrutinio esercitato dall’informazione, peccato che nessuno glielo abbia ricordato.

In un’epoca in cui il pubblico, attraverso i social, continuamente salta a piè pari i media tradizionali e corre all’ultimo tweet o all’ultimo post del politico di turno per applaudirlo, se rappresenta la sua squadra, o fischiarlo, se è della compagine opposta, bello sarebbe se la stampa cercasse di attirare l’attenzione con qualche domanda interessante.

Per esempio: caro Renzi, grazie per la lezione sui meccanismi democratici, ma non hai forse dimenticato che la dialettica che si svolge sia in parlamento sia all’interno dell’esecutivo dovrebbe essere per prima cosa di servizio al Paese? Se non lo hai dimenticato, credi che oggi, alla luce della tua decisione, l’Italia sia più vicina a una risoluzione dell’emergenza Covid (in tutti i suoi aspetti: sanitari, sociali ed economici) o più lontana? Se il Mes è, come hai sostenuto, uno strumento essenziale, siamo ora più prossimi alla sua introduzione o per caso ce lo dobbiamo scordare? Infine: se la tua è una posizione di principio, perché allora continuamente girarsi indietro? “Me ne vado ma chiamami, guarda che il telefono è sempre acceso.”

Non ci resta che arrivare a una conclusione un poco triste. Questa: la stampa di opposizione non fa domande perché correrebbe il rischio di dover pubblicare le risposte e perché ha già deciso che cosa scrivere; quella amica tende a smussare gli angoli; quel poco che resta tende a portare a casa il minimo sindacale, prima si finisce e prima andiamo a casa. Intanto, tutti insieme si giocano l’ennesima chance di dimostrare al Paese la loro esistenza in vita.

Renzi, che è un filone, ci ha messo del suo, raggruppando otto o nove domande alla volta per rispondere poi a spizzichi e bocconi, tornando sempre sui concetti che più gli convenivano.

I giornalisti? Niente. Non pervenuti. Entreranno in campo nel secondo tempo. O meglio ancora quando la partita sarà finita.

Un pensiero su “PEGGIO DI MATTEO, SOLO LA STAMPA ZERBINA

  1. Filomena dice:

    Mi perdoni ma non diamo la colpa ai giornalisti per domande che avrebbero potuto fare per poi avere forse delle risposte a braccio o volatili se solo il ragazzino Renzi smette per un attimo di guardarsi l’omebelico. Qualcuno canta “…the answer is blowing in the wind… “ecco l’unica risposta logica che può darci questo ragazzino, quindi meno male che almeno i giornalisti hanno la dignitá di non fare domande a chi risposte non ne ha

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