di ELEONORA BALLISTA – È andata bene, ma che paura. Romain Grosjean è uscito da solo dalla sua Haas “palla di fuoco” praticamente illeso. Solo qualche bruciatura alle mani e ai piedi. Merito delle protezioni in carbonio di ultima generazione, di una tecnologia che sempre più studiata per salvare.
Eppure l’incidente spettacolare come quello di ieri in Bahrain continua a choccarmi. Il mio guardare il GP, negli anni, si è trasformato: quando ero una ragazza seguivo le gare sul divano accanto al mio fidanzato, ma ero lì più per lui che per le macchine e riuscivo comunque, sacrilegio, ad addormentarmi. Adesso che è passata più di una stagione, che il fidanzato è diventato marito e soprattutto che l’età dei piloti è quella delle mie figlie, il GP lo guardo meno, ma quando lo guardo non riesco a non sentire un moto di solidarietà per le mamme di questi giovani atleti del volante. E credo che questo sentimento sia trasversale alle epoche.
Un’immagine mi torna nitida alla mente, direttamente dalla Formula Uno degli anni ‘90: la bellissima Erja Hakkinen, moglie di Mika, pilota finlandese che batté Schumacher, a Suzuka nel 1998, diventando campione del mondo. La signora, capelli nerissimi e occhi di ghiaccio profondamente azzurri, trascorreva ogni GP ai box McLaren, con lo sguardo piantato sui monitor, senza tradire una smorfia, un sorriso, un’emozione. Era diventata un personaggio e le inquadrature delle telecamere spesso indulgevano sul suo primo piano: di lei dissero che era algida, distante, persino altera. Ma io credo fosse soltanto terrorizzata ad ogni curva del marito che sfrecciava in pista a 300 all’ora.
Ecco, quel sentimento non può non affiorare in chi guarda una gara automobilistica. Negli uomini, certo, ma io credo ancor più nelle donne. Se poi pensp che una parte dei piloti attuali ha lo stesso cognome di quelli degli anni ‘90, ma un nome di battesimo diverso, perché sono i figli dei campioni di trent’anni fa (Sainz Carlo jr, Verstappen Max, Schumacher Mick solo per ricordarne qualcuno), non posso non sentirmi vicina alle mogli di quelli che sono anche mamme di questi, un’ansia lunga due generazioni.
A Erja, ormai ex signora Hakkinen, è andata bene perché suo figlio Hugo, per un po’ di tempo votato ai kart anche con buoni risultati, ha infine deciso che il suo sport è il calcio: non che lì non possano capitare incidenti, ma certamente sono meno mortali.
Però lo spettacolo dei motori e della velocità, perché di questo si tratta, deve andare avanti anche se è pericoloso. Mi conforta il fatto che i giovani piloti di oggi, considerati dai teenager alla stregua di supereroi (vedi il divo Leclerc per i ferraristi), possano contare su sistemi di protezione sempre più sofisticati, quasi dei super poteri, concepiti da squadroni di ingegneri in forza alle varie scuderie. Alla fine, i supereroi forse sono proprio loro, quelli che assieme a un dosaggio necessario di fortuna, salvano le vite di questi ragazzi.