PAROLE SPICCE, DRITTE AL CUORE

di LUCA SERAFINI – Roberta butta parole sul foglio con la pancia, poi le mette insieme con il cuore. Condivide con il lettore emozioni, paure, forza, speranza, in racconti di poche pagine ciascuno. Con un alone di mistero su un percorso invece solare.

Ci sono la sua degenza in ospedale con l’inquietudine dell’incertezza, poi una famiglia normale dove però il cane (forse) parla. Il segreto di un mendicante sussurrato all’orecchio di un bambino. L’anonima, ripetitiva esistenza di una panettiera che si irradia quando un ragazzo, scegliendo con l’acquolina sul suo ricco bancone, vuole comprare un pezzo di focaccia chiedendole quale mangerebbe lei. E la fa sentire, per una volta con una semplice domanda, viva e importante. E il passaggio che forse più ho amato, del fanciullo che non parla ma disegna quello che vede e quello che prova, quello che sente e quello che vuole.

Sembra che a un certo punto quasi monti la delusione nel lettore, perché i racconti sì, sono spicci, anche troppo. Roberta non si dilunga nei particolari, nei dettagli, nelle descrizioni. Gioca a carte scoperte mettendo sul tavolo i suoi sentimenti, con sorrisi frammentari e una malinconia costante, eppure donando raggi di luce, sobbalzi allegri sul suo sentiero di forma acerba, ma di grande spessore.

Un’ora e mezza di lettura incontrando la nonna che descrive il suo amore fedele per il marito, poi un pacifico discorso di guerra e un sogno ancora rivolto all’amore.

Infine un terribile, elettrizzante gioco, una sfida al limite di uno studente per dimostrare a una ragazza la solidità dei propri sentimenti. Come i frammenti di un film incollato, scena dopo scena, dialogo dopo dialogo, per farti arrivare sereno a titoli di coda pitturati con coraggio.

Roberta Sasso, “Dodici racconti spicci”, La Torre dei Venti

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