PACIFISTI GROTTESCHI E PACIFISTI VERI

Da tragedia globale a barzelletta internazionale nel giro di pochi giorni. Non si fraintenda: la guerra è una tragedia, punto e basta. Ciò che rapidamente si è fatto barzelletta è il modo frenetico, frammentario, disinformato ed equivoco con cui ne parliamo.

C’è un video in Rete – diventato “virale” nel giro di ore se non minuti, questo il link: https://www.youtube.com/watch?v=AM6zIf7cTHE – nel quale assistiamo a un dibattito a tre sulla situazione in Ucraina andato in onda su “Times Now”, un’emittente televisiva indiana in lingua inglese. Il conduttore è il direttore di “Times Now” in persona, Rahul Shivshankar; suoi ospiti Bodhan Nahyalo, di nazionalità ucraina, direttore del “Kiyv Post”, e Daniel McAdams, americano, direttore del “Ron Paul Institute”, un’organizzazione di impostazione liberale.

Nel video assistiamo all’intemerata che Shivshankar rivolge all’ospite americano, presumibilmente per qualche critica mossa alla posizione indiana sul conflitto. Shivshankar non le manda a dire: “Se vi preoccupate tanto degli ucraini, allora smetterla di stare a guardare e mandate i soldati a combattere”. Non bastasse, il conduttore tv accusa l’America in generale e McAdams in particolare di perseguire un’“agenda coloniale” e, alle proteste vibranti dell’ospite, afferma che “è andato fuori di testa” e lo invita a prendere un calmante. Clima rovente, accuse pesanti, parole di piombo: non fosse che McAdams… non è McAdams. Tradito da una didascalia invertita sullo schermo diviso a spicchi, Shivshankar ha rivolto la sua lezione, a dito alzato e culo sul trono, al destinatario sbagliato, l’ucraino Nahyalo, più comprensibilmente polemico circa l’atteggiamento accomodante dell’India nei confronti del regime putiniano.

L’equivoco si scioglie solo quando, finalmente, il vero McAdams riesce a farsi sentire tra le urla: “Non ho ancora detto una parola – protesta – perché continua a prendersela con me?”. Shivshankar lo liquida con sufficienza: “Non sto parlando con lei, sto parlando con McAdams”. “Sono io McAdams!”, urla McAdams. Non dice “brutto imbecille” ma si vede benissimo che lo pensa.

Il tutto finisce con l’imbarazzo del giornalista indiano e con le nostre risate, che non potrebbero essere più franche e sentite se tutta la scena fosse frutto di un canovaccio farsesco collaudato in mille rappresentazioni.

E invece è la realtà, bellezza. E’ la comunicazione di oggi. Certo, questo è un incidente, ma è anche un’allegoria, la fortunata rappresentazione di un concetto: nessuno in questo mondo capisce più nulla di nulla, ma questo non gli impedisce di urlare e di far casino.

Il pericolo infatti non è il ridicolo, ma il silenzio. Evitare di parlare non è più segno di prudenza né tantomeno di saggezza: è una condanna all’oblio. Parlare, parlare, parlare ancora: a costo di far ridere. Tanto, qualcuno che ci prenderà sul serio ci sarà sempre. E’ ridicolo Salvini che, adesso, vuol marciare per la pace dopo aver fatto il tifo per il porto d’armi di massa, è due volte buffo quando dice che Putin… ah, sì Putin: ne ha sentito parlare, ma non lo conosce bene. Forse una volta gli ha suonato al citofono.

E’ poi ridicola la sinistra che adesso vuol darci la linea sulla politica internazionale. Fa ridere Letta quando afferma che “abbiamo tollerato troppo il regime di Putin”. Immagino il vivo terrore nelle stanze del Cremlino: ci sgrida uno che non riesce a farsi rispondere al telefono da Calenda. Di Maio, poi, fa ridere da molto prima e in questo contesto, almeno, può dire di essere un precursore.

Immaginiamo che neppure Giletti, Palombelli, D’Urso, Bonolis, Amadeus, Venier e Peppa Pig vorranno rinunciare a dire la loro, ed ecco qui che anche Schiani, nel suo piccolissimo, emette una sussiegosa sentenza.

Non fanno ridere, quelli no, i cittadini che raccolgono aiuti per la gente dell’Ucrania, preparano pacchi e li caricano sui camion e si apprestano ad accogliere i profughi facendo del loro meglio e senza farsi sfiorare da problemi quali il discernimento, in questa e in altre emergenze, tra i profughi “veri” e profughi “finti”. Lo hanno fatto per i terremoti, per i barconi e, potendo, hanno dato una mano anche nei giorni duri del Covid. Anche loro non distinguono un McAdams da un Nahyalo, proprio per niente, ma almeno non urlano da finti indignati nelle orecchie del prossimo. Capace perfino che gli rivolgano una parola gentile.

 

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