Il guaio, ora, è che nel quartiere di Tin Hau è scoppiato un focolaio Omicron non tracciabile e con così poche “terze dosi” in circolazione si teme il peggio. Il governo locale, guidato alla Chief Executive Carrie Lam, ha dunque deciso per altre chiusure. Sospesi molti collegamenti aerei internazionali – tra cui quelli con gli Stati Uniti – e, in città, obbligo di chiusura alle 18 per ristoranti, bar, saloni di bellezza e sale gioco. Interi palazzi dove risultano residenti persone positive alla variante sono stati messi in lockdown.
Una battaglia, quella contro la fuga di contagi Omicron, appena iniziata. Il governo cittadino, tuttavia, può compiacersi di aver quasi concluso un’altra, volendo anche più delicata, operazione di contenimento: quella della libera circolazione di informazioni. Dall’entrata in vigore della National Security Law, nel giugno del 2020, la stretta del governo su giornali e siti che si oppongono alla linea filo-cinese è stata implacabile. Primo a finire nella rete il pesce grosso: l'”Apple Daily” dell’editore Jimmy Lai, dall’aprile scorso in prigione, dove sconta una condanna a 14 mesi per “aver organizzato proteste illegali”. Poi, via via, quelli più piccoli. Ultimi, lo “Stand News” chiuso nel dicembre scorso (con manette ai polsi di parte dello staff) e, ora, il “Citizen News”, sito aperto nel 2017 da un gruppo di veterani del giornalismo locale. Al governo non è neppure servito far tintinnare le manette: come ha spiegato il fondatore Chris Yeung, “davanti a noi ormai non c’è più solo pioggia e tempesta, ma uragani e tsunami”; così stando le cose il 4 gennaio le pubblicazioni sono cessate.
Al momento, restano in vita solo due notiziari non allineati: uno in lingua inglese e uno in cinese. Quest’ultimo ha trasferito la sua sede a Singapore, ma mantiene uno staff a Hong Kong. Triste a dirsi, al governo sarà certo più facile contenere questi due che il focolaio di Omicron.