ORMAI IL VAR DECIDE ANCHE L’ESONERO DEL MISTER

Bisogna rifare i conti ogni settimana, ogni tre per due, e non è un problema che riguarda soltanto un certo modo di fare giornalismo. Sono in realtà presidenti e allenatori a gestire le loro società alla giornata: un allenatore ha un obiettivo da raggiungere sul campo, ma anche responsabilità di gestione dello spogliatoio, dei rapporti con i media, della valorizzazione dei giocatori.

Un bilancio che, in società serie di filiere serie, si fa a trimestri, semestri, annualmente. Nel calcio no, non è così: basta una partita, un mese così così, per stracciare un contratto milionario e stipularne un altro. I mangia-allenatori sono in realtà voraci mangia-soldi, atavici, insaziabili, incorreggibili.

Prendete Simone Inzaghi. Ha giocato le due migliori partite della sua gestione all’Inter contro il Liverpool in Champions, è andato persino a vincere ad Anfield Road, è in corsa per scudetto e Coppa Italia. Prima di espugnare Torino, però, aveva vinto una partita delle ultime 7 in campionato. E subito è iniziata la danza: panchina che traballa, futuro a rischio, ombre sparse di eredi più o meno improbabili. In questa emozionante lotta a tre per lo scudetto, il destino è segnato anche per Pioli (Milan) e Spalletti (Napoli): vincerà uno solo, per gli altri due sono già pronte le forche.

Il bello è che l’andamento di questa serie A, per la prima volta dopo 10 anni senza un padrone assoluto, è determinato da fattori oggettivi ancor più invasivi rispetto a meriti e demeriti dei tecnici (i quali, come dice sempre il mago italiano delle promozioni Nedo Sonetti, “possono incidere al 20-30% sul miglioramento di una squadra, ma possono fare danni al 100%”). Oltre a Covid e infortuni vari seguiti da lungodegenze interminabili, causa calendari insostenibili e campi di patate, ci sono arbitri e varisti – gli addetti a quello strumento magico che solo in Italia è vituperato – sempre più estrosi e originali nell’inventarsi eventi lontanissimi dai regolamenti.

Da questo punto di vista, il campionato in corso è in assoluto uno dei più irregolari, tra fuorigioco geografici, immagini “non disponibili” o “non chiare” di gol di mano, contatti in area, pestoni e spinte di cui “valutare l’effettiva entità”.

Le telecamere hanno migliorato la nostra sicurezza sulle strade, nei supermercati, nelle portinerie, nelle case, nel tennis, nel basket, nella pallanuoto, in tutti gli sport, fatta eccezione per il calcio. Mi correggo: nel calcio italiano, il primo ad adottarle. Ma mentre all’estero ci sono andati più cauti, le hanno introdotte più tardi, le hanno collaudate più a lungo, hanno molto chiari i protocolli di utilizzo, da noi vige la volontà suprema degli arbitri e dei varisti nel voler indirizzare le partite come meglio credono. E se un tempo bastavano la superbia e l’arroganza dei fischietti, oggi ci si mettono registi occulti che occulti non sono affatto, ma decidono di nascosto. Non vedendo tutto ciò che il resto d’Italia vede benissimo.

Dunque, per tornare a bomba, sarebbe ora che prima di elargire liquidazioni plurimilionarie ad allenatori che stanno facendo il loro, ma hanno pareggiato una partita da vincere, si cominciasse seriamente a fare bilanci tecnici, sportivi e finanziari per decidere il loro destino. A gioco fermo, o quanto meno al netto di arbitri e VAR troppo liberi di decidere le sorti di partite, squadre e, appunto, allenatori.

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