NON SONO SICURO CHE OBBLIGARLI A PULIRE I BAGNI SERVA A RECUPERARE GLI STUDENTI IDIOTI

Cosa sarà, si domandava Lucio Dalla, che fa crescere gli alberi, la felicità? Bella domanda. Ma io, che manco della fanciullesca grazia del grande giullare bolognese, invece, mi domando: cosa sarà che costringe l’Italiano ad imbrattare i muri bianchi, i banchi di scuola e a scrivere frasi oscene accompagnate da disegnini malsani, nei bagni pubblici? Cos’è quel minuscolo demone che, appollaiato sulla spalla di un qualunque cittadino, gli sussurra suadente: sporca, rovina, imbratta? E perché noi, razza matta, non siamo capaci di metabolizzare l’idea che ciò che è pubblico è di tutti, anche di noi, e non è “res nullius” di cui si possa fare carne di porco, senza alcuna conseguenza? Non so davvero rispondere: non capisco perché un popolo che discenda dagli inventori del diritto, dall’unità di misura storica dell’equilibrio e del decoro, oggi si comporti come il peggior prodotto della barbarie e dell’inciviltà.

Ma veniamo al dunque, con la notiziola che mi convince che ad essere maleducati si cominci da piccoli. Sull’Appennino, in provincia di Forlì, la preside di una scuola media ha comminato le pulizie dei bagni scolastici, perennemente oggetto di vandalismi e porcherie all’insegna dell’escremento, agli studenti stessi, a rotazione: le corvées latrina, se rendo l’idea. La cosa ha suscitato commenti alquanto difformi: chi plaudiva alla ritrovata severità e chi irrideva la soluzione, definendola un tantino obsoleta. Io, pilatescamente, non mi esprimo. Vorrei tuttavia suggerirvi una riflessione più generale: quella, appunto, postulata poco sopra. Cosa siamo diventati? Perché dei ragazzini del forlivese, terra quanto mai civile, in sé e per sé, sentono la necessità impellente di imbrattare e vandalizzare ciò che, in definitiva, è anche loro. E che, aggiungo, è stato pagato anche con le tasse dei loro genitori, che, magari, si lamentano – boia d’un mond lèder! – del peso delle gabelle.

Intendo dire: questi piccoli iconoclasti in erba, questi Franti in sedicesimo, cosa diavolo hanno imparato in famiglia, a scuola, per strada? Cos’è che li domina, al punto da provocare in loro piacere nel deturpare e disordinare ciò che è pulito e ordinato? Insomma, perché?

Il vandalismo è la forma più stupida, più bestiale, di violenza: una violenza autolesionista, cieca, completamente destituita di senso. E l’idea che la pratichino dei ragazzetti di dodici o tredici anni mette i brividi: non oso immaginare che razza di cittadino sortirà da uno di questi monelli. Anzi, lo so benissimo, perché ne vedo a bizzeffe, in giro per l’Italia: gente che sputa per terra, che mette i piedi sui sedili del treno, che sporca, lascia le proprie ributtanti spazzature in ogni dove, senza riguardo per la gente, per il luogo, neppure per la legge. Li vedo, questi fenomeni, che scambiano l’arbitrio per libertà, il capriccio per diritto, la cafonata per furberia: eccoli lì, a saltare le code, a fregare le monetine dai carrelli del supermercato, a pisciare e imbrattare negli angoli bui.

Voi direte: che esagerazione! Mica siamo tutti così! E ci mancherebbe altro: ma tanti sì, sono così, e aumentano di numero, perché la scuola e la famiglia in primis hanno rinunciato all’idea di un’educazione che si basi anche su qualche sacrosanto scapaccione, oltre che sul verbo dei pedagogisti e la dolcezza delle mammine in pena. Stiamo tirando su un popolo di maleducati, di disamorati, di svaccati: non pretendiamo, poi, al momento del bisogno, di affidare un qualsivoglia futuro a questi ometti in crescita, adusi soltanto a congiuntivi e condizionali.

Ci vorrebbe una guerra: una guerra senza morti e senza feriti, senza distruzioni e senza stragi, ma che ci restituisse il senso di ciò che conta e di ciò che non conta nulla, di ciò che vale e di ciò che è solo tenebra e ignoranza. Solo che, purtroppo, una guerra così non esiste: ci sono solo guerre feroci, assassine, sanguinose. E, poi, ce n’è una, del tutto priva di armi, che si combatte sul piano della civiltà e della collaborazione reciproca: ed è precisamente quella che stiamo perdendo, come dimostra l’episodio di cui vi ho accennato. E, alla fine, voglio proprio vedere chi rimetterà le cose a posto, sia pure a rotazione.Pubblicità

Un pensiero su “NON SONO SICURO CHE OBBLIGARLI A PULIRE I BAGNI SERVA A RECUPERARE GLI STUDENTI IDIOTI

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Tre problemi: l’assenza dei genitori o peggio modelli negativi di genitori, grave perdita dei valori (e qui sono con lei, servirebbe la percezione della fatica e della privazione ma diffuse, diversamente il sentimento del riscatto violento si fa strada), volontà di valicare i limiti che è tipica della giovinezza ed oggi è una necessità emulativa da una parte e necessità di contrastare il modello perfezionista non supportato da un fondamentale senso sociale dell’esistenza, senza cui l’identità non trova connotazione né argine. Totale il nostro bellissimo cammino è una pellicola colorata ed affascinante che nasconde tutta la materia con cui imbrattano i bagni. Quando non soddisfa più è spesso sostituita dal sangue.

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