E’ crisi Nazionale nel calcio, ma il basket non è messo meglio. Niente Giochi neanche quest’anno e non è una novità: dall’argento di Atene 2004 in poi siamo rimasti fuori quattro volte su cinque. Ci siamo qualificati solo nel 2021, andando a vincere contro pronostico in casa della Serbia di Jokic: una miracolosa eccezione, purtroppo. A chiuderci la porta stavolta è stata la Lituania di un altro mostro sacro Nba, il figlio d’arte Sabonis: nella semifinale del girone di San Juan di Portorico è finita 64-88, più che una sconfitta una disfatta.
Con il fallimento dell’Italia del pallone, quella dei canestri ha molto in comune. E’ stata accompagnata all’incrocio decisivo da un ottimismo talvolta eccessivo, non solo dai media di settore. Ha faticato a mettere insieme un organico decente per mancanza di scelta: perdendone un paio tra i più buoni (Fontecchio, che gioca in Nba, e il talento Procida, entrambi infortunati), il livello è sceso paurosamente. Ha affrontato la sfida chiave senza gli unici mezzi possibili: uno spirito all’altezza dell’impegno e un gioco credibile. Infine, ha avuto un ct che l’ha spiegata con le stesse parole di Spalletti: ‘Non abbiamo avuto molto tempo per lavorare insieme’. Volendo, è identica anche la scia social, dove tutti chiedono a presidente (Petrucci, lider maximo da Atene in poi) e tecnico (Pozzecco) di andarsene.
A seguire chiacchiere, polemiche e analisi di vario tipo. Neanche questo è un inedito: funziona così da molto tempo. Precisamente dal 2004: il giorno dopo la finale olimpica, con l’argento al collo, l’allora ct Charlie Recalcati lanciò un grido d’allarme, invitando i club a costruire giocatori perché il materiale a disposizione cominciava a scarseggiare. Parole rimaste inascoltate, sepolte dall’illusione che atleti finiti in Nba in quegli anni, come Bargnani, Belinelli e Gallinari, sarebbero bastati come salvagente.
E invece. Vent’anni dopo l’Italia del basket è di nuovo punto e a capo, con l’aggravante di aver sprecato troppo tempo. Si darà la colpa alla mancanza dei vivai, si dirà che i giovani non crescono più al campetto o che hanno altri interessi, ci si racconterà che da quando non ci sono più gli oratori eccetera eccetera. Balle. La realtà è che i cestisti promettenti ci sono, come dimostra la Nazionale under 17, giunta alla finale mondiale di categoria contro gli States: altro punto in comune col calcio. Purtroppo per loro, a non aiutarli è quel campionato che ogni anno si riempie di stranieri tristi e viene raccontato con i superlativi a dispetto di un livello in costante calo: piuttosto che lanciare un ragazzo costruito in casa, i club preferiscono imbottirsi di americani modesti.
A mancare non sono i giocatori, ma il coraggio di coltivarli: i buoni segnali ci sono, specialmente negli investimenti sui vivai, ma all’orizzonte dei canestri ancora non si vede un’Atalanta, per scomodare un altro paragone col pallone. Vale a dire un club che l’organico si sforza di costruirlo valorizzando i giovani allevati in casa o quelli pescati all’estero. Nè si vede un sistema cuscinetto per agevolare il passaggio dalle giovanili alle categorie maggiori, o attraverso spazi nei campionati di secondo o terzo piano o in squadre satellite.
Negli anni in cui gli stranieri erano pochi ma buoni, il basket si è ritrovato la Nazionale dei Basile e dei Galanda, gente che il piede in serie A l’ha messo appena maggiorenne. Adesso non è più così se è vero che gli ultimi prodotti azzurri, per decollare, sono dovuti andare all’estero: Melli e Fontecchio negli anni scorsi, Spagnolo e Procida attualmente. E che altri ragazzi di belle speranze siano pronti a fare altrettanto non è un bel segnale.
Italia fuori dai Giochi, come si temeva: consola poco essere in buona compagnia (bocciata anche la Slovenia del fenomeno Doncic), perché qui non si tratta solo di elaborare un risultato deludente, ma di ricostruire un movimento. Nè consola che a rappresentarci a Parigi sia un allenatore tra i più titolati: Sergio Scariolo, che guida la Spagna. Curiosa la vita sotto il canestro italiano: abbiamo ottimi insegnanti, ma non riusciamo a tirar fuori bravi studenti.