NON SI PUO’ DARE DELLE VOLTAGABBANA A GELMINI&CARFAGNA: SONO DONNE

La libertà è sacra e la libertà di cambiare idea è ancora più sacra. Ma non è questo in discussione. Davanti alle immagini e alle dichiarazioni della Gelmini e della Carfagna in adoremus al cospetto di un nuovo mito, Calenda dopo Berlusconi, resta doveroso il rispetto delle scelte, ma resta anche molto umano e legittimo l’imbarazzo nel notare che per loro due cambiano i pesi e le misure. Come sempre, nell’epopea d’oro del politicamente corretto.

Questa sarebbe l’Italia in cui una delle figure centrali, al centro del disprezzo più o meno generale, è la figura del voltagabbana. Una lunga storia e una interminabile litania di nomi hanno costruito questo caposaldo della vita italiana, per la verità non solo politica. Ma soprattutto politica. Sulla Treccani, il termine voltagabbana si riferisce a “chi cambia opinione e idee, per opportunismo, per tornaconto personale, con grande facilità e leggerezza”. I sinonimi più comuni sono banderuola e voltafaccia. Resta la sostanza di un costume molto diffuso, nel Paese del calcolo e dell’opportunismo.

Nell’ultima epoca, abbiamo eletto Antonio Razzi e Domemico Scilipoti a campioni assoluti della speciale disciplina. Presi a pesci in faccia e a maleparole per via diretta, vengono  ormai usati anche come insulto paradigmatico in tutte le situazioni: dare del Razzi o dello Scilipoti a qualcuno è già significante al massimo, senza bisogno di altre spiegazioni.

Ora: se Razzi e Scilipoti, con loro tutti i numerosi imitatori, hanno rastrellato giustamente sarcasmi e censure, viene inevitabilmente da chiedersi perchè la Gelmini e la Carfagna debbano sfuggire a questo giudizio popolare. Dalla sera alla mattina, o quasi, hanno buttato a mare una quasi trentennale devozione a Forza Italia e al suo signore per presentarsi belle e sorridenti, in una calda mattina di luglio, accanto a Calenda. Di più: non è un semplice cambio di opinione o una crisi di coscienza che le due tizie vanno a grattarsi nella solitudine di un ritiro spirituale, no, è l’occasione per insediarsi da subito nella nuova segreteria del nuovo partito. Certe crisi di coscienza hanno le loro ragioni, ma diventano più rispettabili e credibili se portano alle scelte estreme del ritiro e dell’indietreggiamento, vedi ad esempio Alfano, tanto per restare in quel campo.

Qui no: qui siamo al passaggio diretto e repentino da un potentato all’altro, comunque da una corte all’altra, senza provare alcuno scrupolo morale, nemmeno di stile e di opportunità. Con tutto un calcolo di tempi e di convenienze fortemente sospetto.

Liberissime, ci mancherebbe altro, liberissime la Gelmini e la Carfagna di “sposare un nuovo progetto” (è la formula preferita dai voltagabbana di ultima generazione). Ma la domanda è un’altra: perchè Razzi e Scilipoti sono voltagabbana e loro due dovrebbero passare per illuminate e responsabili?

Io ho l’impressione che questo strano galateo inespresso del politicamente corretto, che condiziona tutti quanti con i suoi dogmi intangibili, primo la parità di genere, ci giochi un ruolo decisivo. Un ruolo però insopportabile, per chi ami davvero la libertà e la giustizia. Non è sessismo e non è maschilismo ritrovare nei comportamenti delle due nuove dame di Calenda qualcosa che ha a che fare con il voltagabbana all’italiana. E’ una semplice constatazione, libera da pregiudizi e da condizionamenti. Certo non è una cosa da poco, bisogna riconoscerlo. Per tante anime belle scoprire che anche una donna può essere voltagabbana, almeno quanto un uomo, risulta effettivamente insostenibile. Però bisognerà che se ne facciano una ragione. L’umanità, con la gonna o con i pantaloni, è tutta uguale. Specie nelle debolezze e nelle vanità. La vera parità di genere sta anche lì, nei luoghi affollati dell’opportunismo politico.

Quanto meno, in questo caso non bisogna nemmeno rivedere il linguaggio. Non serve inventare il neologismo: voltagabbana è già termine unisex, al femminile suona benissimo.

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