NON SCAPPAVANO COSI’ NEANCHE QUAND’ERA INFETTO

di GIORGIO GANDOLA – “Trump you are fired”. Questo recitano i cartelli dei giovani vincitori, e di solito quando uno è licenziato perde tutto. Esce con la scatola di cartone in braccio, accompagnato da sguardi di pelosa solidarietà e dal silenzio che avvolge torti e ragioni.

The Donald no, è impossibile. Divisivo come pochi, è già accerchiato da bagliori di guerra civile nello stile del terzo millennio, quella che si combatte a colpi di lingua sui social. Pece e piume non solo virtuali perché mentre lui è impegnato nel riconteggio e i suoi odiatori nel bruciarlo in effigie sulle piazze (abbattuto come le statue di Lenin e Stalin esattamente 31 anni fa), si fa largo un gossip scespiriano: Melania starebbe per chiedere il divorzio.

Come scriveva Arbasino, Trump “è lì alla fermata con l’aria di chi ha perso gli amici e la corriera”. Ai potenti càpita più spesso che ai pellegrini della vita, ma questa è grossa. Il giorno dopo la defenestrazione, la paziente, accurata, bellissima Melania – carta da parati perfetta per ogni presidente tranne che per lui – è pronta con le carte dell’avvocato. La realtà è contraddittoria: c’è chi dice che non veda l’ora di mollarlo e chi sostiene che la faccenda sia una bufala. Di sicuro sarebbe l’abbandono più clamoroso, simbolico della solitudine del re sconfitto.

Un destino. È bastato che diventasse ufficiale il risultato della Pennsylvania per veder scomparire anche l’ultimo dei fedelissimi. “Prima che il gallo abbia cantato tre volte…”, lui la sapeva lunga.

Gli restano accanto il genero-consigliere Jared Kushner (marito di Ivanka), parte della famiglia, i dipendenti dello staff, qualche amico del golf di Sterling dove ha sfogato l’omerica rabbia per la sconfitta. Nessun altro. L’uomo più potente del mondo –  quell’improbabile, improponibile leader che doveva fare cento guerre e a differenza dei predecessori ne ha chiuse tre e non ne ha cominciata mezza – vive il destino di tutti gli sconfitti.

Il primo a voltargli le spalle è stato il partito repubblicano per intero, ricominciando a considerarlo un corpo estraneo. Poi gli spin doctor (molti li aveva già cacciati lui) che preferiscono avere le mani libere per accasarsi altrove. Per non parlare degli alleati che in fondo non ha mai avuto, soprattutto in Europa: a Germania, Francia, Italia, Spagna e via elencando facevano comodo gli F16, lo scudo spaziale, le basi dei marines e i soldi per la Nato. Meno la compagnia del Reprobo. Perfino l’ex amico Berlusconi lo ha ripudiato: “Troppo arrogante”. La civiltà occidentale globalista e multicult oggi accetta tutto, tranne quelli che non sanno stare a tavola. È una morale spicciola di una grande parabola che andrà studiata meglio. Perché il Trump del giorno dopo insegna di più – a chi osserva l’incendio americano – del Trump del giorno prima.

Nel Paese delle libertà dove il primo emendamento consente perfino l’apologia del nazismo, l’unico ad avere perso il diritto di parola in un nanosecondo è ancora lui. Il delitto di arroganza, di superficialità, di cattiva stampa, di scorrettezza politica ai nostri tempi è imperdonabile. Gli hanno tolto il microfono mentre denunciava i presunti brogli, Twitter e Facebook lo hanno censurato decidendo cosa fosse “dalla parte giusta” e cosa no. Ma ciò che più sorprende è l’applauso globale del progressista unto dal Signore alla decisione senza precedenti: Paolo Mieli ha scritto un editoriale sul “Corriere della Sera” per dire che quei social hanno fatto bene. La censura come soluzione politica, interessante novità per le scuole di giornalismo (dal West a Berlino Est).

Ricapitolando, in tre giorni Trump ha perso la Casa Bianca, il partito, i consiglieri, gli alleati, Berlusconi, il diritto di parola, forse la moglie e il parrucchiere. Non il broncio, il cappellino e il caddy. Ma c’è una cosa che soprattutto ha perduto o non ha saputo conservare: la memoria di quattro anni. Della serie, ha fatto anche cose buone. Eccole. 1) Ha riportato a casa i militari dalle zone di guerra. 2) Ha realizzato accordi storici di pace in Medio Oriente. 3) Ha combattuto in solitudine l’arroganza cinese. 4) Ha rilanciato l’economia, che prima del virus cresceva del 2,8%; a febbraio i disoccupati erano ai minimi dell’ultimo mezzo secolo. Roba marginale. Alla fine ha deciso l’insopportabile insostenibilità sociale di certi suoi atteggiamenti.

Il cattivo del film planetario è destinato all’oblìo? Non ci giureremmo. Potrebbe arrabbiarsi sul serio e tentare la riconquista della Casa Bianca. Può contare su 80 milioni di voti e fra quattro anni ne avrà 78, un anno in più di Biden adesso e uno in meno di Mattarella. Di solito, in questa situazione, in Italia arriva un magistrato con un avviso di garanzia. È la democrazia.

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