Per dirla in modo sintetico e riduttivo, la spinta antiautorità che sociologicamente si fa identificare con il ’68, nata da un’indubbia esigenza di rinnovamento e pur avendo prodotto anche risultati benefici sulla collettività, ha avuto anche una onda lunga con conseguenze più negative che positive. Una di queste è che abbiamo avuto una generazione di genitori sostanzialmente insicuri, i quali si sono caricati di eccessive responsabilità educative, psicologiche e sociali, rimanendo poi intrappolati di fronte alla maestosità del compito che hanno percepito come loro.
Parlo degli adulti che hanno oggi tra i 40 e i 70 anni, ma il discorso potrebbe valere anche per gli attuali trentenni, che però conosco meno. Essi, ma potrei dire noi, sulla scorta delle lotte contro l’autorità e delle rivendicazioni al diritto al benessere se non addirittura alla felicità compiute da giovani e divenute condivise dalla collettività, si sono dati compiti educativi come nessuna generazione aveva mai fatto nel nostro paese. Diciamolo pure, in passato, per molti decenni, i genitori si sentivano adeguati se garantivano un minimo di benessere economico ai figli ed insegnavano le essenziali regole del vivere civile. Per il resto, dovevano essere i figli a preoccuparsi e rispettare i genitori, non viceversa. Ora, l’attenzione e la centralità che hanno i bambini, sin da molto piccoli, nelle dinamiche familiari è perfino esagerata.
Il risultato è che abbiamo genitori con un perenne senso di colpa, che si chiedono continuamente cosa fare, pronti ad attribuirsi la responsabilità di ogni insuccesso o malessere dei figli. Questo produce bambini e adolescenti insicuri, a cui mancano direttive certe, un po’ viziati, un po’ soffocati dalle iperattenzioni nei loro confronti o caricati da responsabilità eccessive, proprio perché li si vuole contenti sempre. I bambini e gli adolescenti fanno il loro mestiere e non si può attribuire a loro la colpa di non essere maturi.
Ovviamente sto generalizzando e semplificando, ma questo è il quadro che osservo, soprattutto se penso alle richieste di certi genitori di inviarmi i loro figli in psicoterapia. Si tratta di ragazzi quasi sempre sostanzialmente sani, alla prese con i problemi della loro età, ma nella richiesta degli adulti mi sembra ci sia l’aspettativa inconsapevole che il terapeuta possa essere quel super-genitore infallibile e perfetto che loro non sono riusciti ad essere.
Ed ora, chiedo scusa, ma devo andare. Debbo comprare una scatola di Lego per il mio nipotino di 7 anni. Ne vuole una particolare, un modello speciale, sto girando da una settimana senza trovarla, ma già so che se non lo accontento succede una tragedia mondiale…