NOI ABBASSIAMO LE LUCI, LORO SI ALZANO LO STIPENDIO

Attenzione articolo populista, non adatto ad equilibrati e saggi lettori di osservanza draghiana. L’avvertenza è necessaria perché alla notizia che i dirigenti di Palazzo Chigi avranno un consistente aumento di stipendio è difficile rimanere indifferenti. Certe abitudini italiane sono più pervasive della pandemia, non le scalfisce neppure la guerra. Mentre il tornitore Brambilla si appresta ad abbassare di due gradi la temperatura del calorifero per attutire l’impatto della “bolletta Cartier” e il bar all’angolo ha chiuso dopo due anni di agonia, i collaboratori del premier festeggiano a champagne.
Sono 250 i dirigenti beneficiati dalla generosità della presidenza del Consiglio: 106 di prima fascia, vale a dire i direttori generali degli uffici, per il mese di marzo incasseranno un aumento sul cedolino (fonte “Il Sole 24Ore”) di 9500 euro, mentre i 144 dirigenti di seconda fascia (direttori semplici) avranno un incremento di 6800 euro. Le cifre da nababbi sono determinate dall’arretrato accumulato nei quasi sette anni durante i quali i grand commis dello Stato sono rimasti senza contratto, che fa da moltiplicatore una tantum agli aumenti da 160 euro lordi al mese (125 per i meno fortunati, si fa per dire).

A far rizzare i capelli in testa all’italiano medio è, come spesso capita, la tempistica della notizia che conferma l’esistenza di un Paese a due velocità. La seconda la conosciamo benissimo perché la vediamo all’opera tutte le mattine: è la gazzella che si alza presto e comincia a correre. La prima è rappresentata dai leoni della politica e della pubblica amministrazione, casta che vive in un limbo tutto suo, impermeabile aI virus, alle crisi di sistema, ai cambi di maggioranza e adesso pure ai carri armati di Putin. I dirigenti di prima fascia dei ministeri non rischiano di morire di fame: lo stipendio medio è di 11.500 euro al mese, di conseguenza anche senza aumenti potrebbero resistere ancora qualche settimana nella trincea della vita.
La loro è pure sfortuna perché si trovano con buste paga da oligarchi in un Paese che corre verso la recessione, parola evocata da Mario Draghi medesimo e poi smentita quando le Borse hanno cominciato a perdere il 4%. In punta di diritto, nessuno può togliere ciò che spetta, e il contratto dirigenziale 2016/2018 è stato firmato dalla Corte dei Conti solo qualche giorno fa, con un lieve ritardo di 4 anni. Ma rimangono modalità, cifre e arretrati, difficilmente digeribili anche con un’Alka Seltzer da chi nell’ultimo decennio ha sentito solo parlare di sacrifici per il bene comune. Pubblicando la notizia, lo stesso “Sole 24Ore” non ha potuto fare a meno di sottolineare: “Ecco un altro dei tanti record di palazzo Chigi”. Si riferiva agli arretrati da eredità dello zio d’America. Ma forse non solo.

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