NO, NON VOGLIO FARE L’AMERICANO

di GIORGIO GANDOLA – “Con che cosa paga?”. Quella che ripete con glaciale gentilezza la domanda sembra una voce dall’aldilà, ma in fondo è la prova che lui, Francesco Persico, 33 anni, vicesindaco di Azzano San Paolo nella Bergamasca, è ancora vivo.

“Con che cosa paga?”. Vivo ma non si sa se solvibile, almeno dal punto di vista della caporeparto del Mount Sinai West Hospital di New York che da qualche minuto ha ricoverato in isolamento l’italiano con 41 di febbre e sintomi chiari da Covid.

Raccontando ai giornali l’esperienza dell’epidemia nella Grande Mela otto mesi dopo, il primo flash che gli torna alla mente è quello dei money, sicuro di un fatto incontrovertibile: se non avesse avuto l’assicurazione dell’azienda o una carta di credito gold sarebbe stato rimbalzato. Con la sua febbre, il suo contagio, il suo sogno americano nel cassetto.

“Il conto per 17 giorni in ospedale, molti dei quali in terapia intensiva, era di 100.000 dollari, più 2500 per l’ambulanza che mi aveva prelevato in albergo. Praticamente un tragitto di tre curve”, è la testimonianza di Persico, che di mestiere fa l’elettricista e a fine febbraio era a Manhattan con una squadra incaricata di demolire un palazzo e costruirne un altro. Subito dopo aggiunge con un enorme sospiro di sollievo: “Per fortuna l’azienda mi aveva assicurato”. Quasi 8000 euro al giorno tutto compreso, anche gli hamburger, le patatine fritte, la coca cola e la pizza con il ketchup che regolarmente gli venivano serviti a pranzo e a cena. Non potendo mangiare quelle bombe caloriche (con febbre, debolezza e inappetenza, dopo le flebo avrebbe tollerato solo la minestrina con il formaggino sciolto) ha perso 12 chili guardandole.

Il flash americano è utile proprio in questi giorni alle nostre latitudini, mentre un popolo spaventato ricomincia a premere sugli ospedali e a criticare – un po’ con ragione e molto per riflesso condizionato – la nostra sanità pubblica o convenzionata con eccellenze nazionali come il San Raffaele o l’Humanitas. Chi pensava che il virus cinese ci avrebbe migliorati ovviamente era un illuso; la seconda ondata ci trova acidi e prostrati soprattutto nell’osservare che solo i virologi da talk show si divertono a fare surf. E allora si moltiplicano le critiche alle strutture, i giudizi tranchant sulle Asl, si trattano i medici come se fossero terzini sinistri del Sassuolo dopo una pessima partita.

Siamo tutti esperti di pandemie e anche se i bar sono deserti riusciamo a litigare sui media perché in ospedale avrebbero dovuto fare più tamponi, no meno tamponi, processarli più in fretta, no va meglio il sierologico, si però sul plasma siamo in ritardo. E le terapie intensive sotto media? E l’ospedale in Fiera a Milano che non serviva a tal punto da mandarci la Guardia di finanza?

In cima a questa infernale Babele da Processo del Lunedì e anche del Mercoledì in ambulatorio, l’Ordine dei medici ha lanciato un allarme: le richieste di risarcimento danni si sono decuplicate. Tutti criminali, questi medici. Dal sabba non riescono a stare lontani neppure i giornali più paludati. A breve il titolo: Fucilate i primari e anche i direttori sanitari.

Eppure per riportare la dialettica a un sereno silenzio o a una discussione più educata basterebbe una domandina in inglese: “Con che cosa paga?”. Ecco, qualche volta avremmo bisogno di sentirla pronunciare, nella società del tutto e gratis “sennò-mi-incazzo”. Non significa voler giustificare gli errori di governo, regioni e comuni; non significa aprire un ombrello protettivo su medici e infermieri che possono sbagliare ed è giusto che paghino se fossero dimostrate negligenza e superficialità di comportamento. Porsi la domandina della caposala del Mount Sinai di Manhattan (prima i money e poi ti curo) significa soltanto rimanere con i piedi per terra e considerare che la tanto bistrattata sanità italiana in molti casi è gratuita o quasi. La paghiamo certo con le tasse, ma pure gli americani pagano molte tasse. Non è certo un alibi perché funzioni male, ma non dev’essere neppure qualcosa di scontato come veder scorrere l’acqua una volta aperto il rubinetto. Quella, tra l’altro, la paghiamo.

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