NEURODERBY

Prima di tutto, calcio. Il pallone. Pane quotidiano per allenatori e fanta-allenatori sparsi tra bar e social, tram e angoli impensabili: ovunque si può trovare un tecnico, un tattico, un preparatore, giacca e cravatta o mutande e canottiera. Seduto fuori dalla porta di casa in un vicolo remoto di porta Ticinese, oppure capotavola a una cena aziendale. Ovunque si può trovare qualcuno o qualcosa che sappia di calcio, che viva più o meno freneticamente questi giorni, queste ore di attesa. A Milano. Un antico opinionista rossonero si rifiuta di chiamarli “euroderby”: per lui sono “le semifinali di Champions League”, Milan-Inter andata e ritorno. Punto. Un doppio appuntamento internazionale, che c’entra il derby? Spigoli di scaramanzia, riti propiziatori ed esorcismi di fattura dialettica.

E quindi. Ambo le sponde dei Navigli, le strategie sono simili: “Bisogna aspettarli per ripartire in contropiede, se li attacchi rischi”, “No, vanno aggrediti”, “Le fasce sono importanti, si decide lì”, “Ma quali fasce! E’ il centrocampo che fa la differenza”. Ma in attacco l’Inter è opulenta, il Milan gracile e contato.

La tensione, forse avete capito, è alta, eppure assai inferiore a quello storico primo, doppio appuntamento di 20 anni fa, maggio 2003, quando rossonerazzurri si trovarono faccia a faccia giusto in semifinale di Champions. Passò il Milan senza vincere, 0-0 all’andata e 1-1 al ritorno, in 6 giorni spasmodici in cui sembravano tutti proiettati per strada in versione tridimensionale, muti ed elettrici, salivazione azzerata. Il doppio scontro europeo di 2 anni dopo fu decisamente più edulcorato, ancora Milan (2-0 all’andata, 1-1 al ritorno), picchi di rabbia interista con i razzi lanciati dagli spalti sulla porta di Dida. Ma guai a dire oggi: “Non c’è il 2 senza il 3”, un milanista vi sbranerebbe. Stavolta è un’altra storia.

Il profilo infatti è molto basso, su entrambi i fronti. L’Inter sta meglio, ha spiccato il volo vincendo in serie le ultime partite, non prende gol, morale alto, truppa al completo e scelte dell’allenatore (Inzaghi) più profonde del rivale (Pioli) che ha una panchina risicata e ha perso pure la stella, Leao. Il pronostico è chiuso a chiave, ma non ditelo a un interista: toccherebbe ferro e ammennicoli di altra natura. Profilo basso, low-profil, i milanesi rifiutano di arrivarci imbruttiti a questo doppio derby, pardon questa doppia sfida europea, ma insomma si sente che vibrano. Si imbruttiscono comunque. E’ un fatto però che l’esercito interista arrivi al fronte più numeroso e armato, anche se il battaglione milanista ha sbaragliato avversari molto quotati e su questo gradino della Champions è arrivato subendo un solo gol – ininfluente – nelle ultime 6 partite. Con Salisburgo, Dinamo Zagabria, Tottenham e Napoli, per dire. Mentre l’Inter ha rifilato in autunno una severa, mortificante lezione (anzi due) al Barcellona.

Chiacchiere, perché si sa: tutto può accadere. Un rigore, un’espulsione, un episodio e il vento gira, i vortici si sovrappongono anche più di una volta, e cambia tutto all’improvviso. Sembra infatti che milanisti e interisti si stiano godendo la vigilia come un regalo inatteso, perché è assolutamente tale, sebbene l’esito andrà a pesare e gravare sulla stagione in maniera ingombrante. Anche qui, sta meglio l’Inter che – a meno di tracolli – un posto in Champions lo ha già prenotato per l’anno prossimo, è in finale di Coppa Italia, ha già vinto la Supercoppa, invece il Milan gioca a fare il trapezista da 4 mesi, sospeso e barcollante su di un esilissimo filo tra l’estasi e il cilecca.

Poi. Poi c’è il resto, quel che va oltre il pallone. La leggenda, per esempio. In queste due squadre non ci sono al momento fuoriclasse del passato: nelle loro versioni epiche, Milan e Inter probabilmente non avrebbero avuto spazio per questi protagonisti. Siamo ad oggi, però: bisogna gustarsi questa festa imprevedibile. Di italiano c’è poco: in tutto una quindicina di giocatori (Inter 8, Milan 7), i due allenatori e i due dirigenti più alti in carica, Maldini e Marotta. Le proprietà sono cinese e angloamericana. Ma Milano è presente, saranno 150.000 a San Siro tra andata e ritorno, prezzi altissimi e proteste sparse, ma biglietti esauriti,  perché il milanese è un po’ così, anche se di origini lontane: il milanese è milanese, lavora, subisce e spende anche se in realtà è cingalese, o nigeriano, o arriva dal Sud. Si adatta, si adegua. Non rinuncia all’aperitivo né al weekend fuori porta, sia che vesta il colletto bianco, sia che abbia le mani unte di grasso. Sia che si spruzzi addosso Dior o che puzzi di officina.

Perché, derby o semifinale d’Europa, il pallone determina l’umore dell’estate, la spocchia insopportabile di quegli altri, l’insofferenza compulsiva di chi soccombe. Calcio, sì, solo calcio, ma cambia la vita. Eccome se la cambia, anche se vivi nella fredda, algida, laboriosa Milano, perché poi stasera chi li sente quelli là, all’ora dello spritz, o sabato prossimo in spiaggia. E in ufficio, a scuola, al bar, per giorni, settimane, mesi, anni. E che poi, non paghi di prenderti per i fondelli, ti spiegano anche cosa non ha funzionato. Nei secoli dei secoli.

Brutta bestia, una doppia sfida europea in città.

3 pensieri su “NEURODERBY

  1. Flora Elisa Morandi dice:

    Come sempre un Serafini spettacolare che ti mette il meglio della sfida sotto il naso ma che ti può anche consolare nel pensare in positivo “non è detto” che per forza siano loro a passare Forza Ragazzi e grazie Luca !!!!!!!

  2. Costantino dice:

    Bellissimo pezzo, sembra di leggere un articolo dei bei tempi passati, vedi Beppe Viola o Gianni Mina’. Complimenti di cuore Luca e sempre Forza Milan!!

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