NESSUNO PIU’ CHE RIESCA A VEDERE OLTRE UN OROLOGIO

Com’è che diceva la Saffo leopardiana? Alle sembianze, alle amene sembianze eterno regno… E intendeva le apparenze: il trionfo della superficialità sulla sostanza.

Ecco, l’episodio del giovanissimo candidato, di cui non ricordo il nome e neppure la candidatura, da tanto poco questo dettaglio può interessarmi, che è stato letteralmente massacrato sui social perché sfoggiava un orologione costoso, mi rimanda immediatamente a questi versi profetici.

Ormai, l’apparenza regna incontrastata: sull’apparire si basano trionfi e capitomboli, adorazione della folla e riprovazione dei censori.

Non si tratta, per la verità, di imbarbarimento, come qualcuno postula: i barbari erano assai attenti alla sostanza e difettavano, semmai, di senso estetico. A loro che un capo tribù portasse al collo cinque chili di collana fregava men che zero: volevano che fosse deciso in battaglia e pronto nelle decisioni. Chiamali scemi, i barbari!

Parlerei dell’esatto contrario: non i barbari, ma i Romani rammolliti del V secolo avrebbero colto questa faccenda dell’orologio.

Così, il fatto che un ragazzo ventenne si faccia fare la foto elettorale mettendo in bella mostra l’orologio scatena il loggione e piovono insulti e recriminazioni. Distrutto lui e l’ipotetico politico che è in lui. Tra l’altro, parrebbe che il venerando oggetto sia un lascito del suo defunto genitore: scusa deboluccia, perché il giovanotto lo esibisce in maniera piuttosto ostentata, ma che renderebbe meno, diciamo così, inelegante la sua posa.

Il dibattito ha ruotato intorno a vari particolari della vicenda: ad esempio, sul valore commerciale del manufatto. Oppure sulla marca e sul modello. Tutti, però, paiono convergere verso un giudizio condiviso: il candidato è un pirla. Non perché abbia la faccia da pirla o perché parli da pirla, ragioni da pirla o si comporti da pirla: per un orologio.

Se vi sfugge il carattere grottesco della faccenda, io non posso farci nulla: a me pare evidente che, ormai, le persone si giudichino e, spesso, si facciano a pezzi, sulla base del niente. E vale anche al contrario: uno passa per genio perchè porta un orologio da 30 euro, trovato nell’uovo di Pasqua.

Quel che si mangia, la cravatta che si indossa, l’orologio, l’automobile. E il fenomeno è del tutto circolare: la gente giudica dalle apparenze e chi si pone sotto l’occhio del pubblico si preoccupa solo delle apparenze. Un esempio clamoroso è quello di Salvini: le sue felpe geografiche, le polo logate, l’ingozzarsi di cibi etnici, a seconda di dove si trovi, sono l’imbarazzante testimonianza di un vuoto pneumatico: io non credo che il leader leghista non abbia idee, non possieda una sua visione. Credo che ritenga più proficuo politicamente tenersele per sé, e raccogliere voti a forza di cannoli e bomboloni: una via di mezzo tra una tribuna elettorale permanente e Man Vs Food.

Ma, tornando al nostro ventenne con l’orologio, mi pare chiaro che la sua candidatura, in sé e per sé, conti molto poco: non abbastanza, comunque, da giustificare una simile levata di scudi. Quel che conta è fiocinare il portatore sano di orologio: est modus in rebus e, se la Ferragni va in giro vestita come Sissi, le sciampiste e i facchini vanno in visibilio, mentre, se un ragazzo che vuol far politica fa un po’ il ganassa con il pataccone al polso, apriti cielo! Poi, nel mondo reale, magari il giovanotto è bravissimo, mentre la Ferragni vuole solo piazzarti le sue carabattole a dieci volte il valore.

Insomma, non ci si ferma più a ragionare: non si scava più nemmeno di un millimetro sotto la mera esteriorità. Ed è questo che mi preoccupa: non Salvini, non la Ferragni e nemmeno il nostro candidato. Mi preoccupano la disumanità, la superficialità, la debolezza logica con cui si giudica, si valuta e si sceglie. Perché andremo a rotoli, a forza di giudicare le persone dagli orologi che portano al polso.

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