Quando la terra sarà un posto migliore e fatto da uomini veri, che hanno a cuore l’umanità e non solo i soldi? Le risposte sono mille e una, oppure forse nessuna, ma un’idea potrebbe avere a che fare con lo sport milionario, con il tennis e con il calcio, ad esempio, e con l’Arabia Saudita.
L’Arabia Saudita è uno dei Paesi al mondo nei quali il rispetto dei diritti umani e la libertà di stampa sono concetti esotici e possibilmente da evitare, eppure lo sport mondiale e nazionale continua imperterrito a frequentarla, per il semplice motivo che da quelle parti piovono soldi e cachet da capogiro. Chi se ne importa dei diritti umani e della libertà di stampa, basta tapparsi il naso e chiudere gli occhi nelle direzioni giuste, qualche giorno in Arabia e il compenso da mille e una notte è garantito, del resto chi se ne frega. Hanno anche la scusa perfetta, quasi nobile: lo sport deve stare fuori dalla politica, è un’isola a parte. Come no.
Laggiù si sono radunati tutti i tennisti di grido, Sinner incluso, che poi ha vinto, come si poteva mancare l’appuntamento? Un’esibizione che non conta nulla per le classifiche, ma conta molto per i conti in banca e non che fossero smilzi prima. Eppure non uno che abbia detto io non vado in Arabia, mi rifiuto di prendere i soldi da un Paese che ignora i diritti umani e la libertà di stampa. C’è un bel sole poi là, bello secco e rigenerante, scherziamo?
Poi sarà il turno del calcio, del nostro calcio. Da anni, a fasi alterne, la Supercoppa italiana viene disputata a Riad, in Arabia, e così sarà anche a gennaio del 2025, con una formula ridicola che ha l’unico scopo e intento di rastrellare soldi per la Federazione Italiana, tanti soldi. Anche qui tutti incuranti di quel che accade in quel Paese, molti ignoranti probabilmente, perché nel settore non brilla certo l’impegno culturale e civile.
Non c’è mai stato finora e possiamo scommettere già da ora che nemmeno questa volta ci sarà un ribelle, almeno uno, che dica no, io non ci vado lì. A costo di rimetterci i soldi, a costo di subire una multa salata da parte della società e della Federazione, a costo di subire sanzioni disciplinari, ma con la coscienza leggera e libera. Senza contare che parliamo di persone ricche sfondate che non hanno certo bisogno di arrotondare ed eventualmente possono anche sopportare multe e sanzioni.
Niente di tutto questo, si parte in massa, dirigenti federali in testa, alta ma bassa, pronti a godersi l’Arabia d’inverno ed evviva.
Già il carrozzone non avrebbe senso di suo, sia nel tennis che nel calcio, ma una cosa giusta e sana proprio non si riesce a farla. Soldi, solo soldi, in barba ai bei discorsi sui diritti, sull’inclusione, la parità di genere, la libertà di espressione e tutto il resto.
Ricordiamoci di questo, quando i nostri calciatori scenderanno in campo con una bella spilletta o una bella sciarpetta al collo per la buona causa di rito. Ogni causa è degna e se c’è da mettere in tasca qualche soldo in più nemmeno serve la causa, basta l’effetto.