NEMMENO DRAGHI SALVEREBBE UN’ITALIA COSI’

Dunque in Qatar ci va la Svizzera. L’Italia per il momento può prenotare una vacanza natalizia a Doha e dintorni. Significa che a Belfast non abbiamo messo dentro la miseria di un gol e a Lucerna, invece, la Svizzera ne ha segnati quattro alla Bulgaria.

Totale: il jolly di Roberto Mancini è scaduto, i campioni d’Europa sono una squadra smarrita, senza cuore, senza gioco, in campo sedici azzurri soltanto di numero, il pareggio è risultato bugiardo perché avrebbe potuto anche vincere la squadra irlandese, composta da onesti lavoratori del pallone però confortati ed eccitati dal caos azzurro in ogni zona del campo.

Mancini le ha provate tutte, come fanno allenatori di paese presi dal panico, ha mandato dentro i panchinari, avrebbe provato anche con Oriali, Evani e Vialli, cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non è mutato. Nessun tiro in porta serio ma molta fuffa nei sedici metri, calcio vecchio e scontato.

I play off, di marzo, sono un altro interrogativo dinanzi al quale non si possono e non si debbono fare pronostici e scelte sull’eventuale avversario da affrontare, perché questa Italia non è superiore a nessuna, non abbiamo un centravanti vero se siamo costretti a sentire l’assenza di Immobile che in maglia azzurra non ha curriculum serio; abbiamo smarrito l’ordine in mezzo al campo, dove Jorginho è un’idea come un’altra e lo shampoo biondo gli ha cambiato la testa, davanti Insigne è un trolley non da viaggi internazionali, in difesa Acerbi è una vecchia gloria e il suo sodale a sinistra, Emerson Palmieri, non ha nulla del football brasiliano se non la malinconia, pure Donnarumma si è fatto prendere dal disordine della comitiva, rischiando la torta in faccia finale.

Passiamo dalla reggia all’esilio, nel giro breve di qualche mese. Ma, riflettendo, l’Europeo fu conquistato con i rigori, sia contro la Spagna (che ci aveva dominato) sia contro gli inglesi.

Mancini parla di episodi sfortunati, ricordando i rigori sbagliati ma dimenticando quelli realizzati. Belfast è stata una stazione maligna, come nel ‘58, allora fu un binario morto, adesso c’è una deviazione ma spunta la paura che possa ripetersi la vergogna che ci negò il viaggio in Russia. Allora allenatore e presidente federale presentarono le dimissioni. L’ipotesi è oggi irrealizzabile e ingiustificabile. Ma la domanda è spontanea: nei prossimi quattro mesi chi potrà cambiare l’Italia? Nemmeno Mario Draghi.

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