NEGLI AEROPORTI LA CAPORETTO DEI FEROCI TAGLIATORI DI TESTE

Il disastro degli aeroporti è la caporetto di tanti manager dei maggiori scali aerei europei. In particolare, punterei il dito contro i direttori delle risorse umane, i responsabili della pianificazione e una buona parte dei finanziari. Naturalmente con lo zampino o la zampata finale di direttori generali e amministratori delegati, che hanno di sicuro firmato gli esodi di massa del personale aeroportuale quando la pandemia ha colpito duro e che sono gli stessi che non hanno voluto credere alla ripresa del mercato, esploso fragorosamente al “via libera” delle restrizioni, come peraltro anche i bambini delle elementari potevano prevedere.

Dilettanti allo sbaraglio e ben pagati: me li immagino adesso nel caos più completo, che stanno cercando di spiegare a colpi di power point (il sistema di presentazione più diffuso) in riunioni concitate come mai era impossibile prevedere una ripresa così repentina. E vedo anche molti loro capi che, per proteggere se stessi dai viaggiatori infuriati e dagli azionisti ancora più scatenati, cercheranno di nascondersi dietro numeri improbabili, promettendo recuperi al limite dell’impossibile.

Questa sarebbe un’occasione ghiotta per far cadere teste come a fine ‘700 in Francia. Se lo meriterebbero. Perché è troppo scorretto correre ai ripari licenziando la gente senza neanche pensare a un piano per poterla riprendere quando la bufera passa. Facile fare i duri nelle avversità – basta essere senza scrupoli -, molto più difficile sviluppare un pensiero più rotondo e umano nel medio periodo, considerando semplicemente che la gente presto o tardi sarebbe tornata finalmente a viaggiare. Invece no, tagliare, licenziare, dismettere, dimostrare al padrone quanto siamo decisi, altrimenti la borsa o il mercato ci penalizzeranno. Dei ragazzini presi dal panico, un Mayday di proporzioni ciclopiche urlato col megafono. Gli aeroporti sembrano centri di prima accoglienza, ascoltiamo esperienze di vere odissee per voli di poche ore. Manca il personale, manca il personale. E ti credo: l’hai licenziato brutalmente, il personale, e bravo il personale che nel frattempo ha trovato posto da Amazon o chi per esso.

Ho sentito colleghi che sono stati imprigionati mezze giornate per semplici voli di collegamento tra città nel centro Europa. Credevo fossero casi isolati, invece ormai è la nuova regola.

In questa Babele moderna, una nota curiosa. L’Italia è fuori da questa tempesta perfetta – sì, perché ci si sono messi anche gli scioperi a peggiorare la situazione -: sembra infatti che la cassa integrazione e 800 milioni di aiuti governativi abbiamo permesso di mantenere un livello occupazionale sufficiente per gestire il decollo della ripresa nei nostri aeroporti. Una piccola rivincita sui paesi frugali, tanto animati da praticità, efficienza e parsimonia. Neanche tanto piccola.

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