Allo stesso modo, però, trovo sia stato del tutto inopportuno l’intervento del ministro Valditara, in cui aleggiano ventilate minacce nei confronti della storiografa in erba, se l’atteggiamento dovesse persistere. Mi spiego: chiunque, foss’anche un fesso, nella mia libertaria visione del mondo, dev’essere libero di esprimere qualsiasi fesseria. Sta ai non fessi contestargliela, a suon di buon senso, di prove provate e di logica. Se una dirigente scolastica, categoria non sempre dotata di una preparazione a tutta prova, vuole scrivere – poniamo il caso – che la bonifica dell’Agro Pontino è stata fatta da Stalin, è liberissima di farlo: così come è liberissima di venir trattata da poveraccia dall’orbe terracqueo. Fine.
Altrimenti, la scuola, a seconda di chi sieda su quel maledettissimo scranno trasteverino, diventerebbe l’arena in cui misurarsi a suon di censure contrapposte, in base al colore dell’inquilino del momento. Possiamo dire che la lettera-circolare dell’incauta dirigente sia stata formalmente e sostanzialmente sbagliata, anzi superflua: ci sta, sotto molti punti di vista. Ma minacciare sanzioni, quello no: quello suona di dirigismo e, perfino, di arroganza. E, dando per scontata la buona fede di Valditara, suona anche un tantino di ingenuità politica: capisco che il neoministro volesse far capire che lui può e vuole fare la voce grossa, laddove necessario. Tuttavia, questa sortita rappresenta un assist formidabile per chi va farneticando di governi autoritari e di svolta a destra dell’Italia.
Perché io, da chi ha provato sulla propria pelle cosa significhi essere censurati da dei prepotenti che non la pensino come te, mi aspetto una lezione formidabile di libertà: non una semplice inversione dei ruoli tra censore e censurato. La scuola dev’essere libera, intelligente, curiosa: non la si può delegittimare a colpi di circolari o di intemerate ministeriali. A scuola ci si deve sentir liberi di osare, intellettualmente, strade diverse rispetto alle vulgate: a tutte le vulgate. Invece, quasi sempre, gli studenti vengono usati come cassa di risonanza per le proprie ideologie, strampalate o meno che siano: si liscia loro il pelo, dicendo che sono intelligenti, perspicaci, preparati, e poi li si tratta come burattini. Sono le idee, la forza e la credibilità delle idee, che devono convincere i giovani a credere in qualcosa: non l’indottrinamento e neppure gli epifonemi calati dall’alto.
Quindi, caro ministro, temo che lei abbia commesso lo stesso errore della preside, si parva licet: quello di scrivere da ministro cose che avrebbe dovuto esprimere da privato cittadino. Ma lei, privato cittadino non è: tragga le conclusioni.